Episodio due, tutto dedicato al Cile. Che io non pensavo meritasse così tanto una visita.
Breve recap. Nella puntata precedente, ho parlato di: Argentina, mie paure, scuse per non partire, pinguini, deserto di sale, foglie di coca e ragazzo francese. Oggi parlerò di nuove paure, scuse per tornare, fenicotteri rosa, geyser cileni, sempre foglie di coca e ragazzo italiano.
Prima di procedere, con il secondo episodio, sei iscritto/a alla mia newsletter? Ogni mercoledì ricevi un racconto di viaggio via email.
Inoltre se ti piacciono i miei racconti di viaggio e vuoi sostenere il mio progetto di scrittura, puoi offrirmi un aperitivo e io sarò super felice!
Io non pensavo che il Cile sarebbe stato così bello. Cioè io non pensavo niente. Prima di partire, questo Sud America, mi sembrava un continente enorme, con distese di praterie e montagne altissime, empanadas, tango e vino rosso. Che poi di fatto, non ci sono andata tanto lontana.
Il Cile rappresentava il mio secondo mese di viaggio, da sola, sempre con uno zaino troppo grande e un biglietto di sola andata. E il Cile rappresentava anche il mio primo trekking di cinque giorni da sola, nel parco nazionale di Torres del Paine; una lunga tappa a San Pedro de Atacama, il deserto più alto del mondo; l’incontro dopo 15 anni, con la famiglia inglese per cui avevo fatto la ragazza alla pari in Spagna. Insomma, il Cile rappresentava tante cose fighissime.
E uno dice: “Beh Ilaria, dopo due mesi di viaggio da sola, con tutte queste cose belle da fare e da vedere, sarà diventata una viaggiatrice professionista, che non ha paura di niente e di nessuno. E avrà finalmente capito che può far durare la sua avventura mesi, addirittura anni se vuole, tanto non deve seguire nessuna vita pre-impostata. Non deve stabilirsi, trovare un fidanzato, avere un lavoro fisso, fare dei figli, fare tutti i giorni la stessa strada casa-lavoro. Può fare un po’ quello che le pare”. E invece no.
Dopo il W Trek a Torres del Paines decido che San Pedro de Atacama, sarebbe stata la mia ultima tappa e compro un biglietto di ritorno. Santiago-Milano. Se solo, ci ripenso, mi viene da dire a quell’Ilaria: “Ma sei scema?” La risposta è ovvia.
Prima di partire per il mio mitico viaggio in Sud America, avevo conosciuto a Udine, manco dici a Los Angeles, un ragazzo che mi piaceva tanto. Ma proprio tanto. E secondo me, mi piaceva tanto, perché stavo partendo. Mi spiego. Io sono più brava nei viaggi che nelle relazioni e do il meglio di me, solo quando non ho niente da perdere. Tipo quando sto partendo per andare dall’altra parte del mondo, per qualche mese, forse qualche anno. Quindi mi prendo benissimo di sto qui e parto con la promessa di rivederlo, in Italia o in Sud America. Seguono video-chiamate giornaliere e un po’ quella sensazione di non vivere mai il presente, di trovarsi sempre altrove. Perché non mettere un bel vincolo, una scusa, nel momento in cui puoi essere veramente libera?
E uno dice: “Beh Ilaria, ma magari è un grande amore”. No, era un brodo di verze. E a me sembrano tutti grandi amori. A distanza di mesi posso affermare di aver aggiunto un’altra scusa, un dover tornare indietro per qualcuno, un non sapermi ascoltare ancora una volta, il non avere il coraggio di realizzare un mio sogno. Quindi mi ritrovo con questo biglietto in una mano e il Cile, il Perù, la Bolivia, il Guatemala e la Colombia nell’altra.
Decido di fare un colpo di telefono a Iberia. Il mio biglietto Santiago del Cile - Milano non è rimborsabile. “Hola, soy Ilaria, quiero cancelar mi pasaje” (Ciao, sono Ilaria, voglio cancellare il mio biglietto aereo). Insomma ho chiamato la compagnia aerea per cancellare il mio biglietto, l’ho fatto per essere sicura di non salirci. Secondo me il centralinista era sotto shock. Cioè chi si prende la briga di chiamare per cancellare un volo? Semplicemente uno non si presenta e fa un “no show”. Mi ha sempre fatto riflettere questa espressione, perché il “no show” racchiude in sé proprio tutte le cose che non vuoi fare, allora non ti presenti, semplice.
Torniamo al Cile. Una volta assicuratami di aver buttato il biglietto, e di conseguenza anche qualche centinaia di euro, inizia il mio nuovo viaggio. Quello disordinato, senza meta, senza biglietto di ritorno, senza un programma, che mi aiuta ogni giorno di più a lasciare andare e il controllo è solo un ricordo lontano. Anche se poi io non ho mai controllato nulla. Tanto è tutto inutile.
San Pedro de Atacama è una cittadina a 2500 metri di altezza, senza l’asfalto sulle strade. Quella cittadina, con tramonti spettacolari, montagne altissime e innevate, che si intravedono dall’unica via principale, che quando piove è impraticabile. Quella cittadina dove tutti ti salutano, dove un francese ha aperto una caffetteria con tanto di baguette. Quella cittadina dove bere Michelada tutta la notte. Birra con peperoncino, sale e limone. Quella cittadina dove a partire dalla mezzanotte si fa festa nel deserto, sotto le stelle oppure in una casa abbandonata. Con tanto di dj, casse e luci e bar abusivo. Basta un veloce passaparola per capire dove si svolgerà il rave. Quella cittadina a un’ora di jeep dal Tropico del Capricorno.
Tutti mi dicono che una volta arrivata a San Pedro De Atacama, farò fatica ad andarmene. Una trappola per noi viaggiatori lenti. E pensare che rischiavo di trovarmi sui Navigli, invece che nel deserto cileno.
Di solito accade in piccoli paesini. Immersi nella natura. Dove dopo un paio di giorni già conosco tutti. Dove ci si sveglia presto e si va a dormire presto, perché fisicamente distrutti. Dove il wi fi non funziona proprio bene e sei in balia del meteo. Dove il tempo scorre lento. Dove la gente cammina lentamente. Non proprio come sui Navigli. Dove è meglio prelevare la mattina o il lunedì, perché poi i soldi al bancomat finiscono. Dove non spendi i tuoi soldi in oggetti, ma in birre e in escursioni. Dove c’è solo una strada principale. Che percorri cento volte al giorno. Dove hai un sacco di tempo libero. Dove non c’è fretta. Dove incontri i viaggiatori più fighi e ci sono anche tanti local, che non vedono l’ora di diventare tuoi amici.
Sembra così assurdo pensare che da altri parti del mondo, esista stress, controllo, paure, limiti e doveri. Tutto per non vivere veramente. Avevo letto da qualche parte che erroneamente si pensa che l’uomo abbia paura della morte. Invece pare che abbiamo tutti paura di vivere. E così tra un fenicottero, un campo di geyser, saline, canyon e deserti, ho esteso anche io la mia permanenza a San Pedro.
Poi sconfinerò in Bolivia con un tour di 3 giorni, senza doccia e senza wi fi. Ma questo lo racconterò nel prossimo episodio.
Lo sai che per me la cosa più bella è quando lasci un commento? Raccontami se sei stato/a in Cile.
Ti saluto con questa canzone, ti scrivo mercoledì prossimo per parlarti del mio viaggio in Bolivia, attraverso il Salar di Uyuni. Che poi anche questa volta, non ho parlato del luogo, ma ho parlato di me.
P.S. A me piace tanto la newsletter di
si chiama e ci sono un sacco di spunti interessanti. Ti consiglio di iscriverti!Se vuoi, puoi fare un sacco di cose belle. E non solo qui, anche nella vita. Puoi:
Lasciare un like
Scrivere un commento
Girare questa newsletter a un tuo amico/a
Condividere la newsletter sui tuoi social
Cancellarti da questa newsletter (io triste)
🇦🇺 Episode two, dedicated to Chile. I didn't think it deserved a visit so much.
Brief recap. In the previous episode, I talked about: Argentina, my fears, excuses not to leave, penguins, salt desert, coca leaves, and a French guy. Today, I'll talk about new fears, excuses to return, pink flamingos, Chilean geysers, more coca leaves, and an Italian guy.
Before we proceed with the second episode, are you subscribed to my newsletter? Every Wednesday, you receive a travel story via email.
I didn't think Chile would be so beautiful. Well, I didn't really think at all. Before I left, South America seemed like a huge continent to me, with vast prairies, towering mountains, empanadas, tango, and red wine. Which, in reality, I didn't venture too far from.
Chile represented my second month of solo travel, always with an oversized backpack and a one-way ticket. Chile also represented my first five-day solo trek in Torres del Paine National Park; a long stopover in San Pedro de Atacama, the highest desert in the world; and a reunion after 15 years with the English family for whom I had been an au pair in Spain. In short, Chile represented many amazing things.
You might think, "Well, Ilaria, after two months of solo travel, with all these beautiful things to do and see, she must have become a professional traveler, unafraid of anything or anyone. And she must have finally realized that she can make her adventure last for months, even years if she wants, as she doesn't have to follow any pre-imposed life. She doesn't have to settle down, find a boyfriend, have a steady job, have children, or commute the same route every day from home to work. She can do whatever she pleases." But no.
After the W Trek in Torres del Paine, I decided that San Pedro de Atacama would be my last stop, and I bought a return ticket. Santiago to Milan. If I could go back and talk to that Ilaria, I'd say, "Are you insane?" The answer is obvious.
Before embarking on my epic journey to South America, I had met a guy in Udine (ndr. my hometown in Italy), not even in Los Angeles, whom I really liked. I mean, really liked. And I think I liked him so much because I was leaving. Let me explain. I'm better at traveling than I am at relationships, and I give my best when I have nothing to lose. Like when I'm leaving for the other side of the world for a few months, maybe a few years. So, I make a deal with him and leave with the promise of seeing him again, in Italy or South America. Daily video calls follow, along with that feeling of never truly living in the present, always being somewhere else. Why not add a nice constraint, an excuse, when you can truly be free?
You might say, "Well, Ilaria, maybe it's the love of your life." No, it was a mess. And they all seem like the loves of my life to me. Months later, I can say that I added another excuse, a reason to go back for someone, a lack of self-listening once again, the courage not to pursue my dream. So, I find myself with this ticket in one hand and Chile, Peru, Bolivia, Guatemala, and Colombia in the other.
I decide to make a call to Iberia. My Santiago - Milan ticket is non-refundable. "Hola, soy Ilaria, quiero cancelar mi pasaje" (Hello, I'm Ilaria, I want to cancel my flight ticket). I called the airline to cancel my ticket just to make sure I wouldn't get on that plane. I think the customer service representative was in shock. I mean, who bothers to call to cancel a flight? You simply don't show up, easy. I've always been intrigued by this expression, because "no show" encapsulates all the things you don't want to do, so you just don't show up, simple.
Back to Chile. Once I made sure I had thrown away the ticket and, consequently, a few hundred euros, my new journey began. The one without a plan, without a destination, without a return ticket, without a schedule, which helps me let go more and more every day, and control is just a distant memory. Even though I never really controlled anything. It's all pointless anyway.
San Pedro de Atacama is a town at 2500 meters above sea level, with no asphalt on the streets. That town, with spectacular sunsets, towering snow-capped mountains visible from the main road, and roads that become impassable when it rains. That town where everyone greets you, where a Frenchman has opened a café complete with baguettes. That town where you can drink Michelada all night. Beer with chili, salt, and lime. That town where the desert parties start at midnight, under the stars or in an abandoned house, complete with a DJ, speakers, lights, and an underground bar. A quick word of mouth is enough to figure out where the rave will take place. That town is an hour's drive from the Tropic of Capricorn.
Everyone told me that once I got to San Pedro De Atacama, I'd have a hard time leaving. A trap for slow travelers like us. And to think I might have ended up on the Navigli canals in Milan, instead of the Chilean desert.
It usually happens in small towns, surrounded by nature, where I know everyone after a couple of days. Where we wake up early and go to bed early because we're physically exhausted. Where the Wi-Fi doesn't work very well, and you're at the mercy of the weather. Where time passes slowly. Where people walk slowly. Not like in the busy Milan. Where it's better to withdraw money in the morning or on Mondays because the ATM runs out of cash. Where you don't spend your money on things but on beers and excursions. Where there's only one main street. That you walk a hundred times a day. Where you have a lot of free time. Where there's no rush. Where you meet the coolest travelers, and there are also plenty of locals who can't wait to become your friends.
It seems so absurd to think that in other parts of the world, there's stress, control, fear, limits, and obligations. All to avoid truly living. I read somewhere that it's mistakenly believed that humans fear death. Instead, it seems we're all afraid of living. So, between a flamingo, a geyser field, salt flats, canyons, and deserts, I, too, extended my stay in San Pedro.
Next, I'll cross into Bolivia with a 3-day tour, no showers, and no Wi-Fi. But I'll tell you about that in the next episode.
Did you know that leaving a comment is the most beautiful thing for me? Tell me if you've been to Chile.
I bid you farewell with this song, and I'll write to you next Wednesday to tell you about my journey in Bolivia, through the Salar de Uyuni. Because, once again, I haven't talked about the place, but I've talked about myself.
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
Leave me a like
Write a comment
Forward this newsletter to a friend
Share the newsletter on your social media
Unsubscribe from this newsletter (I'll be sad)
Meravigliosa come sempre e come sempre risuoni tanto ❤️