L’altro giorno sono stata a cena a casa di amici. Qui a Melbourne. Si usa molto, quello di fare cene a casa, d’altronde andare al ristorante costa come a Milano, con la differenza che qui gli stipendi sono alti. Quindi te lo puoi anche permettere, ma io da qualche anno preferisco spendere i soldi in biglietti aerei.
Le cene fuori le facevo all’università, quando eravamo poveri per davvero. Poi quando ho iniziato a lavorare e a vivere in grandi città e la tradizione della cena a casa si è un po’ persa. Insieme a quell’intimità.
Durante le cene a casa, ti senti più rilassata, non devi gridare per dire la tua, ti siedi comoda, ti servi una seconda porzione di pasta. E magari anche la terza, senza vergogna, e così che saltano fuori anche i discorsi più profondi, come l’altra sera, in una bella casetta accogliente al nord della città.
Ciao sono Ilaria, e questa è la mia newsletter! Ti scrivo da Melbourne, qui è inverno e io sto vivendo una specie di letargo, in cui mi sto dedicando principalmente a praticare e studiare yoga, in attesa di nuovi viaggi.
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La tentazione irresistibile di dare consigli
E infatti, tra un bicchiere di vino e una risata, è uscita la fatidica frase: “Io non ho amici.” Seguita da altrettanto malinconiche: “Passo un sacco di tempo da solo”, “Non so come si fa a conoscere persone nuove”.
Ora. Io lo so che dovrei solo ascoltare in silenzio, annuire empaticamente con la faccia da terapeuta zen e dire “mmm”. Il mio psicologo insiste: niente consigli, solo presenza.
Ma niente, io scivolo sempre: entro in modalità “soluzioni immediate”, tipo call center motivazionale. E, spesso, esagero. Alcuni amici ci sono rimasti male. Me l’hanno detto: troppo diretta, troppo giudicante.
Ora cerco di contenermi. Se proprio devo aprire bocca, offro solo micro-soluzioni soft. Tipo:
“Anche io ci sono passata”
“Capisco” (anche se a volte non è vero)
“Secondo me, potresti provare un corso di ceramica e vedere cosa succede”
Un sorriso e una gaffe e parte la conversazione
La verità? Non mi è mai successo di sentirmi davvero sola. Nemmeno nei viaggi. Nemmeno a Santiago del Cile con il jet lag. Ho sempre trovato qualcuno, anche solo per una chiacchierata, se ne avevo voglia. Anche se… ok, a volte era il tipo svizzero con quella faccia orgogliosa di chi ha tutti i cubi e i contenitori nello zaino e che ha anche il filo e l’ago per cucire. E se te lo stai chiedendo, ha veramente il coltellino svizzero nello zaino.
Eppure so che quel senso di solitudine esiste. E che non tutti vanno a cena da soli per scelta. Non tutti fanno un viaggio da soli per desiderio. Molti lo fanno per assenza di alternative. E già il fatto che escano, che si mettano in gioco, che provino… è tantissimo.
Pensa a chi invece rinuncia:
A vedere un film perché non ha con chi andare
A iscriversi a un corso di salsa perché ha paura di essere “quello scoppiato”
A viaggiare perché non ha un compagno di avventure
Anche io ero così e rinunciavo a viaggi, mostre, teatri, cene. Solo verso la fine dei miei 30 anni, ho scoperto che avrei potuto fare tantissime cose belle da sola e non parlo solo di viaggi, ma anche semplicemente di andare a provare un ristorante nuovo da sola, se ne avevo voglia.
Ma torniamo a quelle frasi pronunciate tra un antipasto e una birretta. Ogni volta che le sento, mi si stringe qualcosa dentro — soprattutto se a dirle è qualcuno che, da fuori, sembra tutto fuorché solo: simpatico, brillante, pieno di passioni ed energia. E invece… si sente solo. Il mio terapeuta direbbe che è un caso di solitudine interiore. Io, intanto, preparo il bancomat per altri 100 euro di analisi su questa frase.
Penso alla mia vita, ai miei viaggi, e a quante volte sia bastato un sorriso, un “ciao”, o una gaffe per iniziare una conversazione.
Nel tempo ho fatto di tutto: corsi di salsa, yoga, spagnolo, pilates, inglese, bachata, podcast, giornalismo, marketing… e sì, ci ho messo anche un paio di speed date imbarazzanti, cene sociali, concerti, bagni di gong e una cerimonia di cacao in Messico. A un certo punto ho pensato che qualsiasi attività potesse diventare l’occasione per conoscere qualcuno. E spesso è stato così.
Due tempi: prima e dopo i 30
È stato come dividere la vita in due fasi.
Prima: stavo nella mia comfort zone, piena di amici che mi erano “capitati” (molti amici di amici, qualcuno simpatico, qualcuno… diciamo di compagnia). Dicevo sì a tutto, non sapevo nemmeno cosa volesse dire avere tempo per me stessa.
Dopo: ho iniziato a scegliere. A dire qualche no. A cercare persone che fossero più in linea con me. E a rendermi conto che dire di no è molto più difficile che dire sì. Infatti ogni tanto mi scappa ancora qualche “sì” di troppo, e mi ritrovo a cena con persone che mi ricordano che sull’assertività ci stiamo ancora lavorando.
Tutto questo è iniziato quando ho cominciato a dare un valore diverso al mio tempo. Recentemente ho tolto Instagram dalla schermata home. Non sai quanto tempo in più ho a disposizione.
Comfort zone: la partita infinita
Fare nuove amicizie da adulti è complicato. Richiede spirito di adattamento, una certa dose di entusiasmo e quella cosa tanto citata e tanto faticosa che si chiama “uscire dalla comfort zone”. Quando ho comprato il mio biglietto di sola andata per Buenos Aires pensavo che la storia della comfort zone fosse finita. Non pensavo che nel corso di una vita si uscisse così tante volte fuori dalla propria comfort.
Così, ho cominciato a buttarmi. Con eleganza? Non sempre. Con dignità? Neanche. Però sempre con ottimismo e faccia tosta. E se andava male, al massimo ne usciva una storia divertente (o un #maipiùrivisti).
Se cambi luogo molte volte è facile ritrovarsi soli. Quindi ho cominciato anche un po’ a forzarmi, sempre cercando di non rinunciare al mio tempo personale. Tipo, serata di salsa sul rooftop? Io avevo già in programma pizza, pigiama e Netflix, ma a volte mi faccio forza e vado. A caccia di nuove risate e, magari, anche nuovi amici.
Addio analisi ossessiva, benvenuta leggerezza
E poi ho smesso di analizzare tutto. “Lui ha detto”, “lei non mi ha scritto”, “quello ha fatto così”… basta. Il viaggio mi ha aiutata a togliere un po’ di quella tendenza tutta italiana a incasellare e giudicare. Ora cerco di vivere più leggera.
Tutto questo per dire che mi dispiace tantissimo per chi si sente solo. Ma voglio anche dire: non sei condannato all’isolamento. Puoi cambiare la tua situazione oggi stesso.
Cose che aiutano (testate personalmente):
Iscriversi a un corso che ti piace
Fare una cosa nuova anche se ti fa paura
Partecipare ad un’escursione di gruppo
Provare attività nuove
Dormire in ostello (anche se russano)
Sorridere, sbagliare, fare battute sceme
Dire: “Ciao, sono [tuo nome]” e vedere cosa succede
Magari proprio da quel “ciao” nasceranno momenti bellissimi, con persone inaspettate e affini.
Dimmi la tua opinione, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, visto che è un problema che colpisce molte persone e a volte anche noi.
Leggi il racconto precedente…
Ha visualizzato, ma non ha risposto
Spesso mi viene chiesto qual è stato il mio date peggiore. Salta fuori sempre con gli amici nuovi. Io in particolare ne ho due che racconto sempre e spero che uno di questi non sia iscritto alla newsletter. Sono entrambi accaduti a Melbourne, quando usavo Tinder per conoscere nuove persone.
A mercoledì,
Ilaria
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How to Make Friends as a Grown-Up
The other night I went to a dinner at some friends’ place.
Here in Melbourne, home dinners are a big thing — going out to a restaurant costs about as much as in Milan, with the difference that salaries here are high. So yes, you could afford it, but for a few years now, I’ve preferred to spend my money on plane tickets.
Back in university, we used to go out all the time — but that was when we were really broke. Then I started working, moved to big cities, and the tradition of home dinners slowly faded. Along with the simplicity. And the spontaneity.
At home dinners, you feel more relaxed. You don’t have to shout to get a word in. You sit comfortably. You help yourself to a second plate of pasta. Maybe even a third — no shame.
And that’s usually when the more intimate conversations come out, like the other night, in a cozy little house in the north of the city.
Hi, I’m Ilaria, and this is my newsletter! I'm writing to you from Melbourne — it's winter here, and I'm in a sort of hibernation mode, mostly dedicating my time to practicing and studying yoga while waiting for new travels to begin.
If you like my newsletter, you can subscribe—and as a bonus, you’ll get a free consultation with me about travel and Australia. Otherwise, you can always offer me a classic virtual aperitivo. Here's the link—you can donate starting from just 1 euro to support my travel writing project.
The Irresistible Urge to Give Advice
And so, between a glass of wine and a laugh, came the dreaded phrase:
“I don’t have any friends.”
Quickly followed by equally melancholic ones:
“I spend a lot of time alone,”
“I don’t know how to meet new people.”
Now. I know I should just sit there in silence, nodding empathically with my best Zen-therapist face and saying “mmm.”
My psychologist insists: no advice, just presence.
But nope. I always slip: I go full “motivational call center” mode. And I often overdo it. Some friends have told me as much — too direct, too judgmental.
So now I try to hold back. If I absolutely have to speak, I stick to gentle micro-solutions. Things like:
“I’ve been there too”
“I hear you” (even if sometimes I don’t)
“Maybe try a pottery class and see what happens?”
A Smile and a Gaffe Is All It Takes
Truth is? I’ve never really felt lonely. Not even while traveling. Not even in Santiago de Chile with jet lag. I’ve always found someone to talk to — if I wanted to.
Sure, sometimes it was the Swiss guy with that proud look of someone who carries all his gear in labeled cubes, complete with needle and thread.
And yes, in case you’re wondering — he really did have the latest-generation Swiss army knife in his backpack.
Still, I know that loneliness is real.
And not everyone dines alone by choice.
Not everyone travels solo because they want to.
Many do it because they don’t have other options.
And just the fact that they get out there, take a chance, try something… it’s already a big deal.
Think about who doesn’t:
Goes without seeing a movie because they have no one to go with
Doesn’t sign up for salsa class because they’re afraid of being “the awkward one”
Skips the trip because they don’t have a travel buddy
I used to be like that too — until my late 30s, when I realized I could do plenty of amazing things alone.
And I’m not just talking about travel — even just going to try a new restaurant on my own, if I felt like it.
Those Phrases Over Tapas and a Beer
But back to those phrases — the ones dropped casually between appetizers and a beer.
Every time I hear them, something tightens inside me — especially when they come from someone who, from the outside, seems anything but lonely: funny, vibrant, passionate, full of life.
And yet… they feel alone.
My therapist would call it inner loneliness.
And me? I mentally swipe my card for another €100 to unpack that phrase.
All It Takes Is a Smile (and the Right Course)
I think about my life, my travels, and how often all it took was a smile, a “hi,” or even a clumsy comment to start a conversation. I’ve said some weird stuff, trust me. But sometimes, that was enough.
Over the years, I’ve tried everything: salsa, yoga, Spanish, pilates, English, bachata, podcasting, journalism, marketing…
And yes, I’ve even done a few awkward speed dates, social dinners, concerts, gong baths, and a cacao ceremony in Mexico.
At some point, I decided any activity could become an opportunity to meet someone.
And often… it worked.
Two Timelines: Before and After 30
It’s like my life split in two:
Before – I stayed in my bubble, surrounded by the friends I had by default. Mostly friends of friends. Some fun, some… let’s say “familiar.” I said yes to everything, and didn’t even know what “me time” meant.
After – I started choosing. Saying no. Looking for people more aligned with who I really was. And I realized: saying no is much harder than saying yes.
So yeah, sometimes a stray “yes” still slips out, and I end up at dinner with people who remind me that assertiveness is still a work in progress.
This shift started when I began to value my time differently.
Recently, I even removed Instagram from my home screen. You wouldn’t believe how much more time you have.
Comfort Zone: The Never-Ending Match
Making friends as an adult is hard.
It takes adaptability, a bit of enthusiasm, and that thing we’re always told to do but rarely want to: get out of our comfort zone.
When I bought my one-way ticket to Buenos Aires, I thought I had left the comfort zone for good.
What I didn’t realize was that you keep leaving it — again and again — all throughout your life.
So I started putting myself out there.
With grace? Not always.
With dignity? Rarely.
But always with optimism and a bit of guts.
Worst case? I got a good story out of it (or a #neveragain moment).
And when you move around a lot, it’s easy to end up alone.
So I started pushing myself — just a bit — always trying not to sacrifice my me-time.
Example: salsa night on a rooftop? I’d already planned for pizza, pajamas, and Netflix. But sometimes, I push through and go.
Hoping for laughs. Maybe new friends.
Goodbye Overthinking, Hello Lightness
And then I stopped overanalyzing everything:
“He said this,” “She didn’t reply,” “Why did they do that…” Ugh, enough.
Travel helped me shake off that typically Italian urge to overanalyze and judge.
Now I try to live more lightly.
So, Here’s What I Want to Say
I truly feel for those who feel alone.
But I also want to say this: you’re not doomed to loneliness. You can change your situation today.
Here’s what helped me (field-tested, promise):
Sign up for a class you genuinely like
Do something new, even if it scares you
Join a group hike or community event
Try out random activities
Sleep in a hostel (even if people snore)
Smile, mess up, make silly jokes
Say: “Hi, I’m [your name]” — and see what happens
Maybe, just maybe, that “hi” will lead to beautiful moments, with unexpected, kindred people.
If you’d like, there’s lots of nice things you can do. Not just here, but in life.
You can:
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Chat GPT translated this article
Per me dipende da come vivi. Io ho sei amiche (cinque dall’asilo, viviamo tutte in giro per il mondo ma due volte l’anno riusciamo a vederci, una volta sotto le feste, insieme alle famiglie, e una volta solo noi - andiamo a fare un weekend di trekking. L’altra amica viene dall’università e ci vediamo poco dopo che ha avuto una bimba, e lavora molto in freelance).
Francamente ho sempre detto a tutt* che non avevo più spazio per amicizie, ed è vero: non ho mai avuto bisogno di amici per andare a mostre teatri cena fuori. Sto molto bene da sola. Ho qualche conoscente, e al massimo posso andare fuori a cena una volta l’anno o così. Ma non passa la barriera dell’amicizia, perché non riesco a gestirne così tante.
D'accordo su tanto di quello che hai scritto, anche nei miei tanti viaggi da solo, essendo introverso, sono più le volte in cui ho preferito stare da solo che in compagnia, per desiderio mio aggiungo 😂 (orso inside).
Sulla domanda del sondaggio invece... dipende da cosa si intende per amici. Se intendi qualcuno/a con cui chiacchierare, vivere qualche esperienza, andare a cena qualche volta, sentirsi ogni tanto via chat, ecc... (in viaggio o nella vita di tutti giorni) OK è possibile anche da adulti.
L'amicizia con legami forti invece sono convinto si possa generare solo nel passare tanto tempo insieme (ecco perché si sviluppa nelle scuole, nei gruppi o con i vicini di casa quando si è giovani). Ora rimane il lavoro, ma è un ambiente spesso non adatto. Argomento infinito, dove ognuno ha la sua idea, ma se intendi questo tipo di amicizia, no, non credo sia possibile da adulti, o almeno rarissima.