Nella scorsa puntata, abbiamo visto come sono partita per l’Australia, un po’ per caso e un po’ per curiosità, che sono stati anni belli, ma anche anni difficili, che gli australiani vivono tranquilli e che sono andata in Australia, perché volevo conoscere l’Asia. E quindi in questa puntata, parlo di Asia. Ti ricordo che se ti piacciono i miei racconti di viaggio e vuoi sostenere il mio lavoro di scrittura, puoi offrirmi un aperitivo. E io sarò super felice!
Certe volte penso che Myanmar sia il luogo più delicato, che io abbia mai visitato. Che poi i viaggi sono fatti dalle persone che incontri, più che dai luoghi che vedi. Invece il Myanmar era fatto di entrambi. Ma come ci sono arrivata in Myanmar da sola? Io non sapevo nemmeno cosa fosse, l’Asia.
Come tutto è iniziato
Non parlerò del mio primo viaggio da sola. Perché sappiamo già tutti che è stato in Giappone, tra templi buddhisti, il nuovo compagno di viaggio che condivide un pezzo di strada e di sé, il sudore, Pocari Sweat contro il sudore (il Gatorade Giapponese), messaggi visualizzati, ma non risposti e tutto questo dramma, lo puoi leggere qui.
Parlerò di come mi sono sentita. Io pensavo che avrei avuto sempre tempo per viaggiare da sola, per trovare il mio compagno ideale, per fare il lavoro dei miei sogni. E mentre lo pensavo ero intrappolata in tutto il contrario di quello che avrei voluto fare. Che per fortuna era comunque piuttosto figo. D’altronde sto scrivendo da Melbourne e per essere una che ha fatto il contrario di quello che sentiva, mi ritrovo oggi con il passaporto australiano in una mano e qualche consapevolezza nell’altra.
E invece no, non ci sarebbe stato un altro momento. Quello che avevo a disposizione era solo il presente, ma anche questo non me l’aveva mai spiegato nessuno. Ma perché non ti fanno qualche lezione a scuola, tipo devi vivere il presente, devi essere costante, devi ascoltare cosa senti, devi creare spazio dentro di te, altrimenti in mezzo a tutti questi impegni, luoghi e persone, non sai nemmeno chi sei? Farei, che ne so, un’oretta a settimana di “Consapevolezza contemporanea, applicata alla connessione con te stessa e alla relazione con gli altri, passando attraverso l’espressione dei propri sentimenti”. Io l’avrei fatto volentieri, al posto di stare all’Enobar, durante le ore di greco, a mangiare le polpette piene d’aglio.
Quindi ringrazio quel momento, in cui ho capito che per fare il mio primo viaggio da sola, sarei dovuta partire da sola.
Il viaggiatore surfista
“Io non ho il tuo stesso coraggio”. Questa è una delle frasi che ho sentito di più nella mia vita, da quando viaggio da sola. Ovviamente non me lo dicono quelli che incontro in viaggio da soli. Me lo dice chi resta. E anche io lo dicevo a chi partiva. Li vedevo belli, mi sembravano tutti dei surfisti, con i capelli lunghi e la pelle abbronzata, le Birkenstock con e senza calzini, lo zaino in spalla, i Wayfarer neri, seduti ad qualsiasi bar del Sud Est Asiatico, genuinamente local o gentrificato che sia, a proprio agio, sorridenti, con questi denti bianchi e perfetti, con un buon inglese, in grado di tenere una conversazione su qualsiasi argomento, con gente da tutto il mondo. E gli australiani, quelli fighi, sono veramente così. Ecco, io volevo essere come loro. Volevo sedermi su quello sgabello a sorseggiare una birra con perfetti sconosciuti, con cui avevo in comune solo il senso del viaggio. Volevo perdere tempo, volevo perdermi, non volevo avere impegni, itinerari da seguire, oggetti da comprare. Volevo essere come il viaggiatore surfista: a proprio agio in qualsiasi parte del mondo, davanti ad una birra, un’onda e una conversazione, pronto a cambiare piano in qualsiasi momento. Li incrociavo quando viaggiavo con qualche amico, con cui con molta fatica eravamo riusciti ad incastrare date e destinazione. Io invece di guardare le vetrine, i musei, le cascate, guardavo loro. Sono loro, che mi hanno dato il coraggio di partire da sola. Senza sapere che anni dopo, sarei diventata anche io una viaggiatrice surfista.
Come ho fatto a viaggiare da sola
Credo di non aver ancora risposto alla domanda: “Dove hai trovato il coraggio?” È che non l’ho trovato. Ho avuto paura, ho paura e avrò sempre paura. Sono appena tornata da un viaggio di nove mesi in Sud America. Ho avuto una paura fottuta prima di decidermi, ci ho messo 40 anni per comprare un biglietto di sola andata per l’America Latina. Per la precisione, ci ho messo 40 anni per autorizzarmi a fare quello che volevo e soprattutto a non ascoltare gli altri, che sono come una giuria indefinita di persone che dicono NO. Per gli altri, tutto è pericoloso, tutto è costoso e non c’è tempo, di vivere fondamentalmente. Ci sono solo obblighi e impegni da rispettare e non si può vivere fuori dagli schemi. Quindi io non ho trovato il coraggio, semplicemente lo volevo fare talmente tanto, che mi sono buttata. Mi sono costretta a farlo. Ho capito che questa cosa non sarebbe arrivata in maniera organica nella mia vita, avrei dovuto farla accadere. La mia più grande paura, a dire la verità, è che mi sarei annoiata da sola. Senza sapere che non sarei mai stata sola, avrei conosciuto altri viaggiatori da tutto il mondo. Perché quando sei solo, riconosci gli altri soli. Quando viaggi in compagnia neanche li vedi. Io sì li vedevo già, perché li ammiravo. Poi ho imparato a creare spazio fuori e dentro di me e a stare piacevolmente da sola, ma questa è un’altra storia.
Io lo so che mentre scrivo, se hai vissuto le mie stesse esperienze, ti riconosci e se non le hai vissute, ma vorresti, il tuo viaggio in solitaria sta già prendendo forma, anche grazie a queste parole. Scrivimi nei commenti a che punto sei del tuo viaggio.
Cosa ho visto
Ho visto albe e tramonti sui templi di Bagan, ho attraversato le 4000 isole tra il Laos e la Cambogia, ho assistito a cerimonie buddhiste e induiste, ho ballato sulle spiagge della Thailandia, ho mangiato Pad Thai, Pho, Mi Goreng, per strada e nei ristoranti, ho assaggiato tutti i frutti tropicali e pure gli insetti, ho visto i monaci pregare e mendicare a Luang Prabang, ho fatto snorkeling nelle Filippine, ho preso il traghetto, l’aereo, l’autobus, il motorino, il taxi, la barca e il tuk tuk, sono stata nei mercati sporchi e in quelli puliti, ho visto i templi di Angkor Wat all’alba, ho partecipato alle feste nelle piscine, ho dormito negli ostelli, sono andata in discoteca, ho bevuto i cocktail con il ghiaccio anche se mamma mi aveva raccomandato di non farlo, ho conosciuto viaggiatori da tutto il mondo, ho baciato un brasiliano, ho guidato il motorino a Bali, ho attraversato i confini a piedi, ho messo timbri sul passaporto e ho pianto ogni volta che lasciavo un posto.
La newsletter che ti consiglio questa settimana è quella di
che scrive e mi piace perché offre spunti di riflessione su fatti di attualità, è scritta bene, in maniera chiara e diretta.A mercoledì prossimo
Ilaria
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🇦🇺 In the last episode, we saw how I set off for Australia, somewhat by chance and partly out of curiosity. Those were beautiful years, but also challenging ones. Australians live peacefully, and I went to Australia because I wanted to explore Asia. So, in this episode, I talk about Asia. I'd like to remind you that if you enjoy my travel stories and want to support my writing, you can buy me a drink, and I'll be super happy!
Sometimes, I think Myanmar is the most delicate place I've ever visited. After all, travels are made by the people you meet more than the places you see. However, Myanmar was made up of both. But how did I end up in Myanmar alone? I didn't even know what it was.
How It All Started
I won't talk about my first solo trip because we all already know it was in Japan, amidst Buddhist temples, a new travel companion sharing a piece of the journey and of themselves, sweat, Pocari Sweat against sweat (Japanese Gatorade), messages viewed but not answered, and all that drama, which you can read about here.
I'll talk about how I felt. I used to think I would always have time to travel alone, find my ideal companion, and pursue my dream job. While thinking this, I was trapped in the opposite of what I wanted to do. Luckly, it turned out to be quite cool. After all, I'm writing from Melbourne, and despite going against what I felt, I find myself today with an Australian passport in one hand and some self-awareness in the other.
But no, there wouldn't have been another moment. What I had was only the present, and even this had never been explained to me. Why don't they teach you some lessons in school, like: you need to live in the present, be consistent, listen to what you feel, create space within yourself? Otherwise, amid all these commitments, places, and people, you don't even know who you are. I'd do, I don't know, an hour a week of "Contemporary Awareness, Applied to Connection with Yourself and Others, Through the Expression of Your Feelings." I would have gladly done that instead of being at the Enobar during Greek class. Besides, I would have gone to the Enobar anyway to eat garlic-filled meatballs.
So, I thank that moment when I realized that to embark on my first solo trip, I had to leave on a solo trip.
The Surfer Traveler
"I don't have your courage." This is one of the phrases I've heard the most in my life since I started traveling alone. Obviously, those who say it are not the ones I meet during solo trips. It's those who stay behind. And I used to say it to those who were leaving. I saw them as beautiful, all like surfers with long hair and tan skin, Birkenstocks with or without socks, a backpack on their shoulders, black Wayfarers, sitting at any bar in Southeast Asia, genuinely local or gentrified, comfortable, smiling, with these white and perfect teeth, proficient in English, able to hold a conversation on any topic, with people from all over the world. And Australians, the cool ones, are really like that. Here, I wanted to be like them. I wanted to sit on that stool sipping a beer with perfect strangers, with whom I only shared the sense of travel. I wanted to lose time, get lost, not have commitments, itineraries to follow, or items to buy. I wanted to be like the surfer traveler: comfortable anywhere in the world, in front of a beer, a wave, and a conversation, ready to change plans at any moment. I crossed paths with them when I traveled with a friend, with whom we had struggled to fit dates and destinations. Instead of looking at shop windows, museums, waterfalls, I looked at them. They are the ones who gave me the courage to go alone. Without knowing that years later, I would also become a surfer traveler.
How I Traveled Alone
I don't think I've answered the question yet: "Where did you find the courage?" I didn’t. I was scared, I am scared, and I will always be scared. I just returned from a nine-month trip to South America. I was damn scared before deciding, it took me 40 years to buy a one-way ticket to Latin America. Specifically, it took me 40 years to allow myself to do what I wanted, and above all, not to listen to others, who are like an indefinite jury of people saying NO. For others, everything is dangerous, everything is expensive, and there is no time to live fundamentally. There are only obligations and commitments to respect, and you can't live outside the schemes. So, I didn't find courage; I just wanted to do it so much that I threw myself into it. I forced myself to do it. I understood that this thing wouldn't happen organically in my life; I had to make it happen. My biggest fear, to tell the truth, was that I would be bored alone. Without knowing that I would never be alone, I would have met other travelers from around the world. Because when you're alone, you recognize others who are alone. When you travel with company, you don't even see them. I saw them already because I admired them. Then I learned to create space outside and inside me and to enjoy being alone, but that's another story.
I know that as I write, if you have lived through my same experiences, you recognize yourself, and if you haven't lived them but wish to, your solo journey is already taking shape, thanks in part to these words. Write to me in the comments where you are in your journey.
What I Saw
I saw sunrises and sunsets on the temples of Bagan, I crossed the 4000 islands between Laos and Cambodia, I witnessed Buddhist and Hindu ceremonies, I danced on the beaches of Thailand, I ate Pad Thai, Pho, Mi Goreng, on the street and in restaurants, I tasted all tropical fruits and even insects, I saw monks pray and beg in Luang Prabang, I snorkeled in the Philippines, I took the ferry, the plane, the bus, the scooter, the taxi, the boat, and the tuk-tuk, I went to dirty and clean markets, I saw the temples of Angkor Wat at dawn, I participated in pool parties, I slept in hostels, went to discos, drank cocktails with ice even though mom had warned me not to, I met travelers from all over the world, drove a scooter in Bali, crossed borders on foot, stamped my passport, and cried every time I left a place.
In the meanwhile, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
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Ciao Ilaria! Io ce ne ho messi 34 di anni a prendere coraggio. Ma poi l’ho fatto, sono in Asia. In questo momento ti scrivo da una casa su un albero a Bedugul, nel cuore di Bali e ho appena visto una delle albe più belle di tutta la mia vita. Sono in viaggio da sola da 16 giorni ma questa è la prima notte che ho passato veramente de sola, che poi sola non lo sono neanche adesso perché la proprietaria della mia casina è già ai fornelli che mi prepara la colazione con tanta cura! Leggere quest’articolo sull’Asia mi ha dato una grande carica, io me ne sono già innamorata ! Grazie per le tue condivisioni 🙏
Ciao Ilaria! Ti ho appena conosciuta leggendoti qui, ho da poco dato le dimissioni e sto per partire. Mi rivedo molto nelle tue parole: anche persone con cui ho da sempre avuto un’amicizia assidua, intima e profonda si stanno allontanando da me: apparentemente per agende piene e altre priorità, probabilmente per fatti loro, ma anche perché è una scelta più divisiva di quanto pensassi, che rischia di fare crollare castelli di carta costruiti sul “ci vuole coraggio a partire”. Per me ce ne vorrebbe di più a restare, il punto è ammettere di che cosa si ha paura. Io ho paura di vivere la vita di qualcun altro e sto cercando la mia, quindi parto. Grazie per la condivisione!