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Hai presente quando qualcuno ti dice qualcosa, poi quel pensiero misteriosamente sparisce, va da qualche parte nella tua mente, per poi riaffiorare d’improvviso anni dopo? A me capita spesso e quando succede, rimango sorpresa, con quell’espressione un po’ da fessacchiotta e un po’ da chi se l’aspettava. Come se avessi la possibilità di vedere il trailer della mia vita, attraverso le esperienze degli altri. E mentre me le raccontano io penso: “noooo, a me non succederà mai”, “io non lo farò mai”.
Sembra complesso, per questo ti faccio un paio di esempi. Magari una mia amica mi racconta che sta con un tipo che è già fidanzato. Io penso che è impossibile che capiti anche a me di fare l’amante, Ma poi mi capita. E penso a lei e tutte le volte che l’ho ascoltata e a tutte le volte che le ho detto di mollarlo, quello stronzo. In qualche modo, lei me l’aveva anticipato.
Oppure sto parlando uno sconosciuto, che mi dice quanto sia figo viaggiare da soli e che lui è andato di qua e poi di là e ha visitato oltre 50 paesi e io penso che però non lo farò mai. Poi mi ritrovo anni dopo, in Sud America, da sola. E mentre sono in viaggio, ogni tanto ripenso a quel ragazzo conosciuto una sera in un bar di Melbourne, non mi ricordo nemmeno il suo nome, ma lui me l’aveva anticipato.
Oppure ancora, penso ad un’altra mia amica che viaggia tanto e che viaggia tanto da sola, che otto anni fa mi aveva raccontato che si era spinta fino a Punta Gallinas, il punto più a nord del Sud America, nella regione della Guajira. Un’escursione a bordo di un 4x4, attraverso il deserto e le spiagge deserte. Poi mi ritrovo anni dopo a fare il suo stesso itinerario in Colombia. E ad ogni paesaggio che vedo, penso a lei, che me l’aveva anticipato.
Ciao, sono Ilaria! Volevo salutarti e ricordarti che stai leggendo un mio racconto di viaggio, questa volta ti tocca la Colombia! Ah, ti ho detto che la prossima settimana riparto? Vado in Messico, sempre con lo zaino e il biglietto di sola andata. Questa volta starò via due o tre mesi. Poi ti spiegherò meglio. Intanto se ti piace il mio progetto, puoi sostenermi abbonandoti (cliccando sul tasto pledge). Incluso nell’abbonamento, ricevi una consulenza con me di un’ora. Possiamo parlare di viaggi, del viaggio da soli, del nomadismo digitale o dell’Australia. Oppure semplicemente, puoi offrirmi un aperitivo qui sotto.
La Guajira, che è il punto più a Nord del Sud America e il punto più a est della Colombia è anche il punto più povero e basta. Ma di questo ne parlerò più avanti. Intanto voglio raccontare come funziona l’escursione e come si arriva a vedere questo sole che cade nel mare al tramonto, questo deserto sterrato, queste acque cristalline e questi ristoranti che se non avessi fatto il vaccino per il Colera, non sarei qui a scriverlo. A proposito, consiglio questo vaccino ogni due anni, per evitarsi un sacco di rogne in viaggio. Secondo la ASL di Udine, protegge non solo dal Colera, ma anche da altre orribili malattie, che provengono dal cibo. E sul tema mi aspetto i commenti non solo dei medici appassionati di questa newsletter, ma anche di chi ha risolto uno dei problemi principali dei viaggiatori: il cibo e le sue conseguenze. Tu che mangi in viaggio?
Nella Guajira la situazione è un po’ borderline e non solo dal punto di vista alimentare. Stai tutto il giorno su una jeep, non esiste una strada, ma solo dune e sassi. Quando scendi dalla macchina, ad ammirare il paesaggio oppure per fare un bagno in mare, ci sono circa 40 gradi, dormi nelle amache sulla spiaggia, mangi in “ristoranti” che definirei spartani, il tutto per tre giorni e due notti. Lo so, detta così, non è invitante, ma è uno dei luoghi più belli e più assurdi che abbia mai visto.
Come funziona?
Io ho prenotato un’escursione online, ci sono diverse agenzie che vendono il tour “Cabo de la Vela y Punta Gallina”. Non consiglio più di due notti, perché per quanto bello, è da stomaco forte per tutti motivi elencati sopra e altri. Si parte generalmente da Santa Marta nel cuore della notte oppure qualche ora più tardi da Riohacha, una cittadina sul mare, dove penso non conoscano la parola “turismo”. Ci sono poche strutture e pochi servizi, ma la città ha il suo fascino: i local sono gentilissimi e socievoli, anche se sembrano tutti un po’ sfatti, ovunque ci sono casse che sputano raggaeton a palla, anche in farmacia, ma questo è tipico della Colombia, c’è un mercatino che vende borse di stoffa che adesso fa anche Max Mara, un ristorante che serve un piatto a base di riso, pesce e formaggio ed è l’ideale prima di salire su un fuoristrada e la polizia che sgombera la spiaggia al calar della sera. Insomma una cittadina carina.
Spesso negli ostelli non c’è l’acqua calda, ma d’altronde ci sono 40 gradi. Anche se a me, piace la doccia bollente. Appartengo a quella categoria di persone che si ustiona ad ogni doccia. Quindi se non c’è in ostello, figuriamoci nel viaggio attraverso la Guajira. Le docce non sono altro che tubi da cui sgorga l’acqua, con un unico getto e un unico rubinetto.
Passi solo in cambio di un pugno di riso
Ti passano a prendere in hotel o in ostello, tanto abbiamo capito che non c’è molta differenza tra uno e l’altro e la tua prima fermata avviene un paio d’ore dopo, al confine della realtà. Appena scendi, sarai invitato a comprare la qualunque, veramente non capirai nemmeno cosa. E il tuo autista ti porta in uno dei tanti negozi, in questo crocevia di caos, che è l’ultimo baluardo di civiltà dove comprare una barretta di cioccolata, un po’ di frutta secca o un rotolo di carta-igienica. E quest’ultima la consiglio vivamente.
E mentre tu pensi che questa sia una fermata tecnica per comprare qualche provvista per te, ecco che l’autista ti spiega come funziona. Devi comprare una serie di regali per pagare il pedaggio. Questi negozi vendono mono-porzioni di qualsiasi cosa: caffè, acqua, biscotti, riso, crackers. E ogni fuoristrada deve poter contare su qualche centinaio di regali. I pedaggi, infatti, sono tantissimi, diciamo circa 200, all’andata e al ritorno. Cosa sono i pedaggi? Gli abitanti del luogo, gli indigeni che vivono nel deserto, scalzi in una capanna improvvisata, creano dei posti di blocco con legno, funi, stoffa, pneumatici che aprono solo in cambio di un pugno di riso, un po’ di caffè o un paio di biscotti.
Ai pedaggi ci sono donne, bambini e anziani che attendono sotto il sole il passaggio di una jeep. Non lavorano, non vanno a scuola, vivono solo in funzione del nostro passaggio. L’autista rallenta, abbassa il finestrino, allunga un pacchetto di crackers, riceve un sorriso che ti spezza il cuore e solo allora puoi passare.
I local, quelli più fortunati gestiscono una pensione, un ristorante o una bancarella, che funge da punto di ristoro, che propone empanadas al granchio e Gatorade.
Quando ci sono andata io, c’erano al massimo una ventina di 4x4 in giro, con massimo sei persone a bordo. Insomma un luogo immenso, con pochi turisti, che si avventurano attraverso il deserto, per un’escursione così scomoda, così affascinante, ma anche così ingiusta. Non ho ancora capito se eticamente ho fatto bene ad andarci e non l’ha capito nemmeno la mia nuova compagna di viaggi. Anche lei, in giro per il Sud America da sola. È un’assistente sociale, l’hanno mandata in missione in Colombia e ha deciso di esplorare il paese. Sa un sacco di cose, ha una cultura impressionante, opinioni forti su tutto e fa un sacco ridere. Ma nemmeno lei, sa se abbiamo fatto bene o male andarci. È un viaggio strano, ti stupisci e ti si stringe il cuore in continuazione.
Quanta bellezza
Poi il viaggio è commovente, si dorme all’aria aperta sulle amache, che sono comodissime, ti addormenti con il suono delle onde e ti risvegli con le primissime luci dell’alba. Bevi un caffè, guardando il mare, in spiaggia ci sei solo tu e qualche cane randagio. Macini chilometri e chilometri, vedi lo stesso paesaggio giallo per ore, il cielo è blu, ti fermi in un gazebo per bere un Gatorade. La plastica la porti con te, via da questo luogo così magico e così triste, ma c’è talmente tanta spazzatura nel deserto, lunga la strada, sulla spiaggia, che continui a chiederti se hai fatto bene ad andare.
Poi vedi le vasche delle saline, le albe rosa, i tramonti arancioni e il sole sembra davvero cadere nell’acqua la sera, corri sulle dune, ridi con i tuoi nuovi compagni di viaggio, fai kitesurf e sandboarding, ti bevi una birra ghiacciata, circondata da natura e silenzio, raggiungi il picco più a est del paese, sei quasi in Venezuela e pensi che anche lì non se la passano bene. I local quasi ti ignorano e ti parlano solo per venderti qualcosa, una borsetta, una birra, dei gamberi freschi, quei sorrisi però sono belli lo stesso e quella signora le empanadas le ha fatte veramente bene. E il complimento se lo merita tutto e allora penso che quel sorriso è sincero. E che forse ho fatto bene ad andarci, perché anche questo è un pezzo di mondo.
Questa settimana ti consiglio di leggere la newsletter
di che scrive: “Se vuoi sapere che cosa può succedere quando ti chiudi alle spalle la porta di un bilocale a Milano e ti presenti a Malpensa con un biglietto di sola andata per Goa: ISCRIVITI”.Leggi il racconto precedente…
A mercoledì,
Ilaria
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The northernmost point of South America
Have you ever experienced that moment when someone tells you something, and the thought mysteriously disappears, only to resurface in your mind years later? It happens to me often, and when it does, I'm left surprised, with a mix of naivety and a touch of "I should have seen that coming" expression. It's as if I have the chance to preview the trailer of my life through the experiences of others. While they share their stories, I often find myself thinking, "No, that will never happen to me," or "I would never do that."
It sounds complex, so I will give you a couple of examples. Perhaps a friend tells me she's involved with someone who is already in a relationship. I initially think it's impossible for me to become the "other woman," but then it happens. I reflect on her and all the times I advised her to let go of that jerk. Somehow, she had given me a preview.
Or, I'm chatting with a stranger who passionately describes the excitement of solo travel, detailing journeys through numerous countries. I think to myself that I'll never do it. Yet, years later, I find myself in South America, alone. While on the road, I occasionally reminisce about that guy I met one evening in a Melbourne bar—can't even recall his name—but he had given me a preview.
Or, I think of another friend who travels extensively, often alone. Eight years ago, she shared her adventure to Punta Gallinas, the northernmost point of South America, in the Guajira region. An excursion by 4x4, through deserts and deserted beaches. Later, I follow her same route in Colombia. Every landscape I encounter, I think of her, as she had given me a preview.
Hi, I'm Ilaria! I wanted to say hello and remind you that you're reading one of my travel stories—this time, it's about Colombia! Oh, did I mention that I'm heading out again next week? Off to Mexico, with just a backpack and a one-way ticket. This time, I'll be away for two or three months. I'll explain more later. If you enjoy my project, you can support me by subscribing (clicking the pledge button). With the subscription, you get an hour of consultation with me included. We can talk about travel, solo journeys, digital nomadism, or Australia. Or, if you prefer, you can buy me a virtual drink below.
Guajira, the northernmost point of South America and the easternmost point of Colombia, is also the poorest. But I'll talk about that later. For now, let me share how the excursion works and how you get to witness the sun setting into the sea, the dusty desert, crystal-clear waters, and those restaurants where, if I hadn't taken the cholera vaccine, I wouldn't be writing this now. By the way, I highly recommend this vaccine every two years—it helps avoid a lot of trouble while traveling. It protects not only against cholera but also against other nasty diseases originating from food. And on this topic, I expect comments not only from medical enthusiasts of this newsletter but also from those who have solved one of the main problems for travelers: food and its consequences. What do you eat while traveling?
In Guajira, the situation is a bit on the edge, not only from a culinary perspective. You spend the entire day in a jeep because there's no road—only dunes and rocks. When you step out, whether to admire the landscape or take a dip in the sea, it's about 40 degrees Celsius. You sleep in hammocks on the beach, dine in "restaurants" that I would describe as basic, all for three days and two nights. I know, it doesn't sound inviting, but it's one of the most beautiful and absurd places I've ever seen.
How does it work?
I booked the tour "Cabo de la Vela y Punta Gallina" online. There are several agencies selling this tour. I wouldn't recommend more than two nights because, as beautiful as it is, it's tough for all the reasons listed above and more. Generally, the journey starts from Santa Marta in the dead of night or a few hours later from Riohacha, a seaside town where the word "tourism" seems unknown. There are few facilities and services, but the city has its charm: the locals are incredibly friendly and sociable, even if they all seem a bit worn out. Everywhere you go, speakers blare reggaeton loudly, even in pharmacies. But that's typical of Colombia. There's a market selling fabric bags that now even Max Mara features, a restaurant serving a dish with rice, fish, and cheese—a perfect meal before getting on a 4x4—and the police clear the beach at sunset. In short, it's a cute little town.
Often, hostels don't have hot water, but then again, it's 40 degrees outside. Even though I like a scalding hot shower, I belong to that category of people who burn themselves with every shower. So, if there's none in the hostel, let alone during the journey through Guajira. The showers are nothing more than pipes with water flowing, one stream, one tap.
You pay with a handful of rice
They pick you up from your hotel or hostel—by now, we've established there's not much difference between the two. Your first stop happens a couple of hours later, at the border of reality. As soon as you step out, you'll be urged to buy something, but you won't even understand what. Your driver takes you to one of the many shops in this chaotic crossroads, the last bastion of civilization where you can buy a chocolate bar, some dried fruit, or a roll of toilet paper. And I highly recommend the latter.
While you think this is just a technical stop to buy some supplies for yourself, the driver explains how it works. You have to buy a series of gifts to pay tolls. These shops sell single servings of anything: coffee, water, cookies, rice, crackers. Each 4x4 must have a few hundred gifts on board. The tolls are numerous, around 200 each way. What are the tolls? The locals, indigenous people living in the desert, barefoot in makeshift huts, set up roadblocks with wood, ropes, fabric, tires—they only open them in exchange for a handful of rice, some coffee, or a couple of cookies.
At the tolls, there are women, children, and elderly people waiting under the sun for the passage of a jeep. They don't work, don't go to school; they live solely based on our passage. The driver slows down, lowers the window, extends a packet of crackers, receives a smile that breaks your heart, and only then can you pass.
The fortunate locals manage a pension, a restaurant, or a stall that serves as a refreshment point, offering crab empanadas and Gatorade.
When I went, there were at most twenty 4x4s around, with a maximum of six people on board. In short, an immense place, with few tourists venturing through the desert. It's an excursion so inconvenient, so fascinating, yet so unfair. I still haven't figured out if ethically it was right to go there, and my new travel companion hasn't figured it out either. She's also traveling alone in South America. She's a social worker, sent on a mission to Colombia, and decided to explore the country. She knows a lot, has an impressive cultural background, strong opinions on everything, and is quite humorous. But even she doesn't know if we did the right or wrong thing by going there. It's a strange journey, constantly surprising and heart-wrenching.
So much beauty
Yet, the journey is moving. You sleep under the open sky on comfortable hammocks, fall asleep to the sound of the waves, and wake up with the first light of dawn. You have a coffee, staring at the sea, with only you and a few stray dogs on the beach. You cover miles and miles, seeing the same yellow landscape for hours. The sky is blue, you stop at a gazebo for a Gatorade. You carry the plastic with you, away from this place—so magical and yet so sad—but there's so much garbage in the desert along the road and on the beach that you keep wondering if it was right to go.
Then you see the salt pans, the pink dawns, the orange sunsets, and the sun truly seems to fall into the water in the evening. You run on the dunes, laugh with your new travel companions, engage in kitesurfing and sandboarding, have a chilled beer surrounded by nature and silence. You reach the easternmost peak of the country, almost in Venezuela, and think that things might not be going well there either. The locals almost ignore you and only talk to sell you something—a bag, a beer, fresh shrimp. However, those smiles are beautiful, and that lady really made the empanadas well. She deserves all the compliments, and then I think that maybe I did the right thing by going there because this is also a piece of the world.
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
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Mi fermo, la rileggo e la salvo. Certo che un giorno mi servirà di nuovo e potrò dire: Ilaria me lo aveva detto.
Sto pensando di andare in Sri Lanka e proprio ora stavo leggendo che consigliano il vaccino per il cólera...e ora ti leggo e dico "cavolo anche Ilaria me lo ha detto!"😊😊 Un bel viaggione che farei ma mi metterebbe emotivamente alla prova. Sono stata a Cuba più di una volta e devo dire che anche la mi sono trovata in situazioni in cui ho pensato "sono veramente fortunata" uno a volte se ne rende conto in situazioni estreme