Il trekking è l’esperienza più bella, perché prevede fatica fisica. Perché spesso ti ritrovi da solo, in mezzo al nulla. Forse questo è il bello del Sud America, gli spazi sterminati. E pensare che il trekking, l’ho scoperto oltre un anno fa in Patagonia. Prima odiavo camminare in montagna. Non ne capivo il senso.
Poi ho capito che quello che non mi piaceva del trekking, era quel concetto di gita giornaliera come si fa da noi in Friuli. Prendi la macchina, ti fai una o due ore di auto, poi percorri un sentiero, ritorni indietro per lo stesso percorso, risali in macchina.
E ti perdi il bello di dormire in rifugio, di svegliarti il rifugio e di fare un percorso che ti porta da A a B. Quindi ho capito che non è che non mi piace il trekking. È che non mi piace il trekking di fretta.
Ciao sono Ilaria! E mentre leggi questo racconto, io sarò in viaggio, ritorno nella mia amata Buenos Aires a lavorare un po’ al caldo e poi andrò in Australia, a casa, praticamente. Per questo ho pensato di raccogliere qui il mio Salkantay Trek, una quattro giorni a piedi da Cusco al Machu Picchu.
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Il Salkantay Trek è un percorso di quasi 90 km che in quattro notti e cinque giorni di sole, neve, rovine Inca, salite, fiumi, ponti, ghiacciai, sorrisi, piantagioni di caffè e di frutta tropicale, rifugi in mezzo al nulla, dolore tremendo alle gambe, foglie di coca, qualche lacrima di commozione, sveglie alle 5.30 del mattino, sei strati di coperte e birra Cusqueña, ti porta al Machu Pichu.
È il sentiero più radical chic, un’alternativa al più famoso e costoso Cammino Inca, che costa sui 1000 euro e che, a differenza del Salkantay Trek, l’obbligo di una guida.
Il Salkantay Trek, invece si può fare sia con un’agenzia, quindi in piccoli gruppi da una decina di persone, costa sui 500 euro, comprende pasti, sherpa, rifugi, ingresso al Machu Picchu. E spesso permette di dormire nei "Dome", quegli Igloo, da cui si vede il cielo. Che da soli.
Io che non voglio parlare con nessuno mentre cammino, perché un giorno di trekking è come 10 sedute di terapia, l’ho fatto da sola. È così introspettivo. Poi non sei sola, sola, qualcuno lo incontri per il sentiero, tra turisti e local.
Anche perché, diciamolo, è difficile. Soprattutto il secondo giorno, quando devi arrivare a quasi 5000 metri, per vedere il Salkantay, la montagna da cui prende il nome il trekking.
Le agenzie ti sconsigliano di farlo da sola, giustamente devono lavorare anche loro. Anche io ho un'agenzia di visti e servizi per l'Australia. E sconsiglio di fare da soli. Perché è difficile. E a volte una guida fa piacere.
E anche gli altri viaggiatori non sanno che si può fare in autonomia. A me lo ha consigliato uno svizzero di farlo da sola e mi sono fidata. Voglio dire, se me lo ha detto uno svizzero.
Perché se lo fai da solo, dormi a casa delle famiglie che si sono organizzate con rifugi a volte alla buona: un letto, un bagno e un pasto caldo e a volte alla perfezione, con cene buonissime e letti super morbidi. Altre volte un po’ meno.
Una cosa che non ho mai capito è perché all’estero tutti si ostinano a fare la pasta. Ma perché non la lasciano cucinare a noi italiani? Come possono venire buoni gli spaghetti cucinati da un peruviano a 5 mila metri di altezza? Fai qualcosa di più semplice e magari più local, come ad esempio le patate. Voglio dire in Perú esistono più di tremila varietà di patate native. Preparate le patate, non gli spaghetti al pomodoro!
Poi io non parlo di una pasta fatta in un ristorante a Melbourne, a Buenos Aires o a Dubai. Parlo della pasta fatta da persone che di professione non fanno gli chef, ma gli sherpa.
Come funziona?
Io ho cercato su internet e ho chiamato le famiglie. Cercando recensioni precedenti, foto e blog. Perché non è che si trovano su Booking.
Il sentiero è ben segnalato e parti dal lago Humantay, su cui si riflette la montagna, passi per il Salkantay, i villaggi, saluti i local che vivono in montagna, attraversi un ponte con una carrucola improvvisata, arrivi a LLactapapa, una vetta da cui si vede il Machu Picchu e ti commuovi, percorri le rotaie che portano ad Agua Calenties e il giorno dopo visiti la città perduta degli Inca.
Continua la prossima settimana…
Leggi il racconto precedente…
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I didn’t want to hike in the mountains
Trekking is the most beautiful experience because it requires physical effort. Often, you find yourself alone, in the middle of nowhere. Maybe that’s the beauty of South America—the vast, endless spaces. And to think, I only discovered trekking over a year ago in Patagonia. Before that, I hated mountain hiking. I just couldn’t see the point.
Then I realized what I didn’t like about trekking was the day-trip concept we have in Friuli. You drive for an hour or two, hike a trail, go back the same way, and get back in the car.
You miss out on the joy of sleeping in a mountain hut, waking up there, and doing a trail that takes you from point A to point B. So I realized it’s not that I dislike trekking; I just don’t like rushed trekking.
Hi, I'm Ilaria! As you read this story, I'll be on the road, heading back to my beloved Buenos Aires to work a bit in the sun and then onto Australia—home, practically. That’s why I thought I’d share my Salkantay Trek experience, a four-day trek from Cusco to Machu Picchu.
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The Salkantay Trek covers almost 90 km over four nights and five days of sunshine, snow, Inca ruins, ascents, rivers, bridges, glaciers, coffee and tropical fruit plantations, mountain huts in the middle of nowhere, intense leg pain, coca leaves, a few tears, 5:30 AM wake-ups, six layers of blankets, and Cusqueña beer, all leading to Machu Picchu.
It’s a “radical chic” path, an alternative to the more famous and costly Inca Trail, which costs around 1,000 euros and, unlike the Salkantay Trek, requires a guide. T
he Salkantay Trek can be done with an agency in small groups of about ten people, costing around 500 euros, including meals, sherpas, huts, and the Machu Picchu entrance fee. And often, you get to sleep in “Domes,” those igloos with a view of the sky. Or you can do it alone, as I did.
I prefer to walk in silence because a day of trekking is like ten therapy sessions. It’s so introspective. You won’t be completely alone—there are other travelers and locals along the way. And it’s tough, especially on day two when you have to reach almost 5,000 meters to see Salkantay, the mountain after which the trek is named.
Agencies advise against doing it solo, understandably—they need to work, too. I also run a visa and services agency for Australia, so I know. It can be hard, and a guide can be nice. And other travelers don’t always know it can be done solo. A Swiss guy told me to do it on my own, and I trusted him. I mean, if a Swiss person says so! Because if you go solo, you stay in the homes of families who have set up makeshift mountain huts: a bed, a bathroom, and a hot meal—sometimes modest, sometimes amazing.
One thing I’ve never understood is why people abroad insist on making pasta. Why not let Italians handle it? How can spaghetti made by a Peruvian at 5,000 meters up turn out well? Try something simpler and more local, like potatoes. There are over 3,000 native potato varieties in Peru! Cook potatoes, not spaghetti with tomato sauce!
I’m not talking about pasta in a restaurant in Melbourne, Buenos Aires, or Dubai. I’m talking about pasta made by people who aren’t professional chefs but sherpas.
So how does it work?
I searched the internet and called the families, looking for past reviews, photos, and blogs—since you can’t exactly find them on Booking. The trail is well-marked; you start from Humantay Lake, which reflects the mountain, pass by Salkantay, visit villages, greet the locals who live in the mountains, cross a bridge with an improvised pulley, reach Llactapapa, a peak from which you can see Machu Picchu and get emotional, walk along the rails to Agua Calientes, and the next day, visit the lost city of the Incas.
To be continued next week…
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
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Ricordo ancora la mia prima esperienza di "pasta" all'estero. In Scozia: "lasagna" con patatine fritte, nello stesso piatto - ovviamente. Due anni dopo in Germania: le "tag-liatellen" della famiglia che mi ospitava (pronunciato con la G e la L separati, appunto). Erano un blocco unico. Continuerò a non capire. Felice che un mio connazionale ti abbia dato un buon consiglio :-)
Alcuni dei miei amici spagnoli quando fa la pasta mette l'olio nella pentola dell'acqua perché così non devono girare la pasta (non si attacca) e poi per capire se è cotta, la tirano sulle mattonelle della cucina: se si attacca è cotta (io direi sfatta). Quando ho visto queste dinamiche per la prima volta mi ricordo che feci una faccia allucinata e poi pensai "cavolo, pensano che sia una cosa facilissima e veloce da fare" . Mi viene a mente il film di Checco Zalone che toglie l'insegna al ristorante italiano in Svezias🤣
Per quanto riguarda il trekking, mi piace tantissimo ma devo ammettere che da sola senza nessuno non riuscirei: è un attività che a me da molta forza ma anche che la toglie e il "non si sa mai cosa potrebbe succedere" è li con me 😊