Il sogno di partire. Ma con tutto organizzato.
L’altro giorno una ragazza mi ha detto che vuole trasferirsi in Australia. “Sai, io non voglio passare attraverso il processo di un ostello o di un Airbnb, voglio arrivare con la casa già pronta, un lavoro sicuro, tutto organizzato.” Come faccio sempre, ogni volta che sento questa frase, spiego che l’Australia non funziona così. Forse dovrei dire: “La vita non funziona così.” Ma non lo dico. Sennò poi sembro quella che conosce già il finale.
Dentro di me, però, penso: ma non è proprio quello il bello? Non sai dove dormirai, magari l’ostello sarà scomodo e non sempre pulito, ma conoscerai un nuovo amico giapponese che anni dopo andrai a trovare a Tokyo. Non sai che lavoro farai, ma magari ti ritroverai a fare la social media manager in un centro di yoga in Guatemala, che due anni ti porterà a fare un corso per diventare insegnante di yoga. O magari prenoterai un volo non rimborsabile e lo perderai. Visiterai una città che non ti colpirà. Mangerai male. Perderai tempo. E allora? Perché dobbiamo essere perfetti? Perché dobbiamo essere organizzati? Io voglio sbagliare. E non prendermela se sbaglio.
Ciao sono Ilaria, e questa è la mia newsletter! Ti scrivo da Melbourne, sto facendo un corso per diventare insegnante di yoga, chissà se mai insegnerò. Intanto voglio imparare. E quella che va Guatemala e scopre che le piace yoga sono io. Te ne parlerò nelle prossime newsletter.
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Avventura o progetto?
È come se la voglia di partire fosse diventato in un progetto da ottimizzare. Come se anche il sogno di mollare tutto dovesse rispettare una checklist e si potesse ridurre ad un Google Drive. Che fine ha fatto il concetto di avventura? L’idea di accettare quello che accadrà e accoglierlo, invece di ostacolarlo, con i nostri compitini per casa.
Se tornare è un fallimento
A volte penso che sia una questione di età. Anche io, a 25 anni, dicevo che volevo vivere a Londra per sempre. Vivevo la mia relazione dell’epoca come se fosse l’unica. Perché mi avevano insegnato che bisognava avere una carriera e un fidanzato, possibilmente insieme. Ma se ci insegnassero a sbagliare? A piangere? A tornare indietro?
“Non vorrei venire in Australia per un anno e poi tornare a casa.” È una frase che sento spesso. Come se tornare significasse fallire. E invece no. Perché dovrebbe essere più figo trasferirsi per sempre che vivere un anno all’estero? È come se non ci fosse più spazio per l’ignoto né per le esperienze temporanee. Deve essere tutto organizzato e per sempre. Una vita già scritta. È lo stesso concetto per cui se inizio un libro lo devo per forza leggere tutto o sei mi iscrivo ad un corso, poi non posso mollarlo.
Il mito del controllo
Se ci insegnassero valori diversi, come partire con il biglietto di sola andata, esplorare il mondo senza sapere cosa succederà, prendere un periodo sabbatico, forse non sentiremmo più il bisogno di avere una risposta per ogni cosa. Anche perché poi, nella storia di ognuno di noi, ci sarà tempo e spazio per qualcosa di più stabile.
Instagram ci ha spoilerato il mondo. Sappiamo com’è la luce a Bali al tramonto, conosciamo il nome dei bar carini a Lisbona, abbiamo letto almeno tre post su quanto costa un caffè a Istanbul. Ma ci interessa davvero? Un tempo si partiva per scoprire. Oggi si parte per riconoscere. “Ah sì, è proprio come in quel reel.” Abbiamo trasformato il viaggio in una specie di conferma. Conferma che le cose sono esattamente come ce le aspettavamo. Nessuna sorpresa, nessun rischio. Nessuna possibilità che qualcosa vada storto.
L'avventura è disordine
Non possiamo più sbagliare. Non possiamo perdere soldi, tempo, energia. Ogni scelta deve essere razionale, ogni esperienza deve funzionare. L’avventura, però, è fatta di imperfezioni, di errori, disagi, cambi di piano. È anche avere freddo, dimenticare qualcosa, perdere qualcosa o se stessi e poi trovare una soluzione. È una stanza brutta che poi diventa bella per una conversazione inaspettata. È un autobus sbagliato che ti porta nel posto giusto, anche se non sapevi di voler andare a Semuk Champey.
All’inizio del viaggio pensavo: “Devo dormire qui, l’ho già pagato.” Alla fine, invece, sceglievo dove dormire la mattina per la sera, e se nel frattempo cambiavano i piani, pazienza. Buttavo via la prenotazione senza sensi di colpa. Certo, cercavo prima di ottenere il rimborso, ma se proprio non ci riuscivo e volevo fare altro, accettavo di perdere 10 euro. Durante il mio viaggio ho sbagliato tutto: bus, ostelli, orari. Ho perso giorni, ho speso più del previsto. Ma ogni errore è diventato un ricordo, ogni deviazione una storia. Non avevo bisogno che tutto andasse bene. Avevo bisogno che andasse e basta.
La sorpresa dietro la fatica
Quando mi sono proposta per gestire i social media di un centro yoga, mi sono ritrovata in un posto dove tutto è andato storto. La gente intorno a me non stava tanto bene di testa. Ogni giorno avrei voluto andarmene. Ma quella vista sul lago Atitlán era così bella. Il vulcano, l’acqua, il cielo rosa. Quelle classi di yoga intense, quella sveglia alle 5, quel mese di cibo vegetariano, senza nemmeno una birra. Io non lo sapevo che tutto questo sarebbe successo. Non l’avevo pianificato. Mi è capitato perché avevo lasciato uno spiraglio aperto all’inaspettato.
Il lusso del non sapere
Quando è tutto già deciso, non c’è spazio per l’improvvisazione. E nemmeno per essere davvero autentici, perché l’hai deciso prima di diventare la persona che sei oggi.
Mi ricordo che quando sono partita per la Spagna per fare la ragazza alla pari, mi sono iscritta all’università di Granada per sei mesi. A Londra ero lì per il progetto Leonardo, a Liverpool per l’Erasmus, a Melbourne per il master. Sono stressata solo a pensarci. Tutte esperienze meravigliose e formative. Ma la vera liberazione è arrivata con il biglietto per Buenos Aires e le prime tre notti in ostello prenotate. Sono tornata in Italia per la prima volta, nove mesi dopo. Pensavo sarei stata via al massimo tre mesi.
Forse oggi il vero lusso non è partire con la casa e il lavoro in mano, ma partire senza sapere cosa succederà. Magari, durante il percorso, ti conosci un po’ meglio e scopri che non hai bisogno di tutto quel controllo. Anzi, hai bisogno di sbagliare in libertà.
Leggi il racconto precedente…
Io odio Instagram
Il paesaggio è troppo bello e ho fatto troppa fatica per raggiungerlo. Qual è la prima cosa che faccio? Dopo un sorso d’acqua, tiro fuori il telefono e registro un video in verticale, sai per le storie. Magari poi ci faccio un reel con tutti quegli spezzoni verticali del viaggio. Non importa se qualcuno sta parlando o c’è troppo vento. Tanto ci metto la…
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che ha realizzato il suo sogno di vivere in Perù e scrivi per tutti gli appassionati di Sud America, come me.A mercoledì,
Ilaria
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The dream of leaving — but with everything organized
The other day, a girl told me she wants to move to Australia. "You know, I don’t want to deal with hostels or Airbnbs. I want to arrive with a house ready, a secure job, everything sorted." As always when I hear this, I explain that Australia doesn’t work like that. Maybe I should say: “Life doesn’t work like that.” But I don’t. Otherwise, I sound like the one who already knows how the story ends.
Inside, though, I think: isn’t that the best part? You don’t know where you’ll sleep — maybe the hostel will be uncomfortable and not super clean, but you’ll meet a Japanese friend you’ll visit in Tokyo years later. You don’t know what job you’ll find — maybe you’ll end up managing social media for a yoga center in Guatemala, which leads you to take a yoga teacher training two years later. Or maybe you’ll miss a non-refundable flight. Visit a city that doesn’t impress you. Eat badly. Waste time. So what? Why do we have to be perfect? Why do we need to be organized? I want to make mistakes. And not beat myself up for it.
Hi, I’m Ilaria, and this is my newsletter! I’m writing from Melbourne, where I’m taking a yoga teacher course — who knows if I’ll ever teach. For now, I just want to learn. And yes, the one who went to Guatemala and discovered a love for yoga? That’s me. I’ll tell you more in upcoming issues.
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Adventure or project?
It’s like the desire to leave has turned into a project to optimize. Even the dream of quitting everything now comes with a checklist and a shared Google Drive. What happened to adventure? The idea of accepting what happens and going with it — instead of blocking it with our perfectly planned tasks?
If going back feels like failure
Sometimes I think it’s about age. At 25, I also said I wanted to live in London forever. I treated that relationship like the only one I’d ever have — because we were taught we need a career and a partner, preferably at the same time. But what if they taught us to fail? To cry? To go back?
"I wouldn’t want to go to Australia for a year and then return home." I hear this a lot — like coming back means you failed. But why is moving away forever seen as cooler than living abroad for one year? It’s like there’s no room left for the unknown. Same reason why, if I start a book, I feel like I must finish it. Or if I enroll in a course, I feel like I can’t quit.
The myth of control
If we were taught different values — like leaving with a one-way ticket, exploring the world without needing to know what comes next, taking a sabbatical — maybe we wouldn’t feel the need to have an answer for everything. There’s time and space for stability later. Instagram has spoiled the world for us. We already know what Bali looks like at sunset. We know all the cute cafés in Lisbon. We’ve read at least three posts about how much a coffee costs in Istanbul. But do we actually care?
People used to travel to discover. Now we travel to recognize. “Oh yes, just like in that reel.” We’ve turned travel into a confirmation that things are exactly as expected. No surprises, no risks. Which also means: no room for awe.
Adventure is messy
We’re not allowed to make mistakes anymore. Can’t waste money, time, or energy. Every choice must be rational. Every experience must work. But adventure is made of imperfection, errors, discomfort, plans changing last-minute. It’s being cold, forgetting something, losing things — or yourself — and figuring it out. It’s an ugly room that becomes beautiful because of a conversation. A wrong bus that takes you to the right place — even if you didn’t know you wanted to go to Semuc Champey.
At the start of my trip, I thought: “I have to stay here, I already paid.” By the end, I’d choose where to sleep in the morning for that same night. And if plans changed, so be it. I’d cancel bookings without guilt. Sure, I tried to get a refund, but if I couldn’t and I wanted to do something else, I’d just let go of those €10. I messed up everything: buses, hostels, schedules. I lost days, spent more than expected. But every mistake became a memory, every detour a story. I didn’t need things to go well — I just needed them to go.
The surprise behind the struggle
When I offered to manage the social media for a yoga center, I ended up in a place where everything went wrong. The people around me were not mentally okay. Every day I wanted to leave. But the view over Lake Atitlán was breathtaking — the volcano, the water, the pink sky. The intense yoga classes, waking up at 5 AM, the month of vegetarian food without even a beer. I didn’t know this would happen. I hadn’t planned it. It happened because I left space for the unexpected.
The luxury of not knowing
When everything is already decided, there’s no room for improvisation. Or for being truly authentic — because you made those choices before becoming the person you are now.
I remember when I went to Spain to be an au pair, I enrolled in the University of Granada for six months. In London, I was there for the Leonardo Project; in Liverpool, for Erasmus; in Melbourne, for my Master’s. Just thinking about it makes me feel exhausted. All amazing, formative experiences — but real freedom came with a one-way ticket to Buenos Aires and the first three nights in a hostel. I came back to Italy nine months later. I thought I’d be gone three months, max.
Maybe today, the real luxury isn’t arriving with a job and a house — but leaving without knowing what will happen. Maybe, somewhere along the way, you’ll get to know yourself a little better and realize you don’t need all that control. In fact, you might just need the freedom to fail.
If you’d like, there’s lots of nice things you can do. Not just here, but in life.
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Chat GPT translated this article
Premettendo che comunque è una scelta del tutto personale e caratteriale, secondo me sono 2 i piani di ragionamento e sono diversi.
Il primo è quello del viaggio "semplice" e, a seconda delle persone, io non ci trovo nulla di male a volere tutto organizzato, soprattutto per chi ha tempi stretti di 1 o 2 settimane. Che poi io sia diverso non conta, non ci trovo comunque nulla di male.
Dall'altra parte un possibile trasferimento (Australia, Regno Unito, Spagna, ovunque). In questo caso è assurdo credere di poter organizzare tutto dall'Italia e arrivare con qualcosa di pronto per il futuro, dettato da una società e una cultura sbagliata e irreale anche. Rischioso soprattutto... dovremmo tutti voler avere un appoggio provvisorio (con tutte le avventure che racconti) e vedere coi nostri occhi una possibile stanza o un appartamento per i prossimi mesi. Valutare questo e quello.
In questi giorni stavo proprio cercando di immaginare il mio futuro ma, dopo aver letto il tuo articolo, preferisco prendermi il lusso di non sapere. Voglio lasciare spazio all’improvvisazione!
Grazie mille per la citazione e a presto!