Oggi stavo rispondendo ad un messaggio. Sai io faccio quel lavoro di mandare le persone in Australia. “Ho sempre voluto partire, ma non ho mai trovato il coraggio”. Poi ad un altro messaggio, sempre su WhatsApp: “Voglio andare in Australia, ma ho un lavoro statale, non me la sento di mollarlo”. A quest’ultima, ho risposto che lei deve partire, più di tutti gli altri.
Non perché sia contro il lavoro statale, ma sono contro il concetto del lavoro statale in Italia. Sono contro questo senso di sacrificio in nome di un lavoro che spesso è un’umiliazione economica e morale. E a pensarci bene, anche io ero una di loro. Di noi italiani che rinunciamo a vivere per il lavoro.
Ciao sono Ilaria! Sono a Buenos Aires per qualche giorno e poi rientro in Italia per Natale, per poi spostarmi nell’altro emisfero sud, in Australia per qualche mese. A casa praticamente. Dopo due anni di viaggio in Sud America, mi mancherà il concetto di latino-americana.
Ti ricordo che se ti piacciono i miei racconti di viaggio, puoi abbonarti (riceverai in omaggio una consulenza con me) oppure puoi offrimi un aperitivo.
La mia partenza per l’Australia
Quando sono partita per l’Australia, nel 2014, ho organizzato un garage sale a casa mia. Al tempo vivevo a Udine e facevo la giornalista, lavoravo per il giornale locale, la tv locale, il sito locale. Il mio lavoro era bellissimo, correvo da un lato all’altro della città ad intervistare tutti, dal politico al presidente del comitato di quartiere, guardavo spettacoli, recensivo film, libri, eventi, mangiavo a scrocco e tutti mi conoscevano in città. Era bello essere famosa, nella propria piccola provincia.
Poi sono diventata la signorina nessuno dall’altra parte del mondo. E quell’anonimato mi piaceva e mi piace tutt’ora. Mi dà la possibilità di essere me stessa. Prima, mi sembrava che tutti sapessero meglio di me, come amministrare i propri soldi, come avere una relazione, come avere successo sul lavoro, cosa fare della propria vita e dove andare in vacanza, possibilmente tutto già organizzato e scritto.
Sembrava assurdo lasciare un lavoro sottopagato, andare in vacanza in Vietnam senza aver organizzato nulla, non essere interessata alla carriera. Cioè io ero molto interessata a fare la giornalista, ma non a quel prezzo. Ci ho provato, ci sono riuscita, sono stata sfruttata e sono stata ripagata dei sacrifici e del credo che ci ho messo. Ma poi d’improvviso ho smesso di credere a quella necessità di sacrificarsi troppo. Cioè forse è meglio vedere le balene in Patagonia che essere pagata 8 euro per un articolo, sperando di essere assunta nel quotidiano locale e vivere quella sensazione che quando non lavori sei stanco e non hai voglia di fare niente. Nemmeno di andare a vedere le balene in Patagonia. E tutto quello che ti può stordire temporaneamente, una birra, una serie Netflix, uno scrolling infinito su Instagram, va bene per non pensare.
A ripensarci mi sembra una cosa così italiana: il sacrificio, il concetto di età e dell’essere tardi nella vita, lo sfruttamento, il non mollare nonostante le umiliazioni, il non fare l’anno sabbatico, il non poter permettersi qualche mese di buco tra un lavoro e l’altro, sennò poi fa brutto sul curriculum. È una cosa così italiana, anche per le ridotte possibilità economiche che abbiamo noi italiani. Però è anche vero che oggi è alla portata di tutti poter cambiare e sapere che al di fuori dall’Italia le cose funzionano diversamente.
Il garage sale
Mi ricordo che ho venduto persino il tapis roulant che avevo nell’entrata del piccolo bilocale in affitto e che usavo tutti i giorni, guardando serie tv in inglese. Mi sembrava assurdo che qualcuno fosse venuto a caricarsi un tapis roulant. Ho venduto le tazzine del caffè quelle belle, i vestiti, il tostapane, qualche quadro. Oltre ad essere un garage sale, è stata anche una festa di addio ai miei amici. Eravamo una quarantina in una casetta piccolissima, tutti in piedi, tutti con il bicchiere in mano e un piatto di pasta fredda per tutti. Come quelle feste universitarie, negli appartamenti.
Il garage sale per me rappresentava un addio. Stavo andando in Australia, tra l’altro con un visto turistico, quindi non proprio il simbolo della stabilità. Ma io ero convinta che mi sarei trasferita per sempre in Australia. Che avrei ottenuto il visto permanente e che non mi sarei più guardata indietro. E da una parte è stato così, ho ottenuto la cittadinanza australiana, ho cambiato lavoro e carriera e soprattutto sono cambiata io.
Tanti biglietti di sola andata
Ma torniamo a quei messaggi che ricevo ogni giorno. Sono tanti e dicono tutti la stessa cosa: Che faccio, rischio? E adesso, che lo so, mi viene da dire: “Ma certo parti, lascia quel lavoro statale, ma poi cosa vuol dire lavoro statale? Non è mica il film di Checco Zalone. Parti, parti leggera, non pensarci troppo, lasciati andare, lascia andare gli amici, la famiglia, l’Italia, il posto fisso, gli 8 euro ad articolo, la pasta al dente.
Prendi uno zaino, fai un visto e poi un biglietto, vai dall’altra parte del mondo, dormi in ostello, conosci nuovi amici da tutto il mondo, ascolta le storie incredibili degli altri, che forse prima di te hanno capito di non concentrarsi sul posto fisso. Vabbè quelli sono tedeschi, inglesi, danesi, è un’altra cultura. Vai alle feste, cerca lavoro, consegna di decine di curriculum, conosci una nuova amica del cuore, spaccati dalle risate, sbaglia in inglese e sbaglia e basta.
Metti un annuncio su un gruppo, parti per un road trip con degli sconosciuti, dormi in van, svegliati all’alba, tira tardi fino all’alba, piangi, scoraggiati, prendi delle fregature, perdi dei soldi, guadagna dei soldi, lavora in un bar, iscriviti ad una scuola di surf, fai work away in ostello, insegna italiano agli sconosciuti e non dimenticarti di osservare come vivono gli altri. Gli altri fuori dalla tua routine, dalla tua Italia, dal tuo paesino, dalla tua cittadina, dal tuo quartiere, fuori dal tuo gruppo di amici, fuori dai giudizi, fuori dal concetto di percorso casa-lavoro, fuori dalle domande sui figli e sul fidanzato. Fuori da tutto.
Ci sei solo tu ed è tutto nuovo e devi prendere decine di decisioni al giorno: cosa mangiare, dove andare, che autobus prendere, se accettare quel lavoro, se uscire stasera, se pulire la casa ora o dopo, se andare a bere la birra, se andare a pilates o a yoga, se restare a Melbourne o vedere come si vive a Brisbane, se continuare a lavorare in quella caffetteria, se fare un visto per la Nuova Zelanda, se baciare quel ragazzo che ti piace tanto.
Prendi di nuovo lo zaino e vai in Asia, fai un viaggio nel Sud Est Asiatico, con un biglietto di sola andata, dormi negli ostelli a 6 euro, vivi alla giornata, senza sapere cosa farai domani, ma nemmeno cosa farai stasera, chi incontrerai e chi cambierà per l’ennesima volta la tua giornata e il tuo destino.
Torna in Italia, abbraccia tutti, magari per un po’ oppure per sempre. Accetta quel posto fisso, credici per qualche mese. Poi un giorno, senti la nostalgia per l’avventura, l’ignoto, ti manca quel non sapere come si concluderà la tua giornata, scoprire posti nuovi, tuffarti in un lago freddissimo, attraversare il deserto con un 4x4, salire in cima ad una montagna altissima, parlare con un brasiliano e una giapponese in un inglese improbabile, correre incontro alla tua nuova amica, passare ore ed ore in autobus a guardare fuori dal finestrino, vedere i pinguini e i leoni marini, bere una birra al tramonto con paesaggi sempre diversi, la natura, il caldo, la stanchezza quella bella.
Ti mancherà tutto questo.
E allora prenderai un altro biglietto di sola andata per il Sud America questa volta, perché spesso l’itinerario di noi nomadi prevede: Australia, Sud Est Asiatico, Sud America e Centro America e poi boh. Non lo so, perché non l’ho ancora vissuto”.
Leggi il racconto precedente…
Oggi ti consiglio la newsletter
che parla un po’ di tutto, affrontando con ironia le nostre difficolta quotidiane.Sei in partenza? Fatti un’assicurazione di viaggio e sanitaria! Approfitta del 10% di Heymondo, ti lascio il link qui sotto. Parti sicuro e allo stesso tempo sostieni il mio progetto di scrittura di viaggi!
Se vuoi, puoi fare un sacco di cose belle. E non solo qui, anche nella vita. Puoi:
Lasciare un like
Scrivere un commento
Abbonarti alla mia newsletter
Girare questa newsletter a un tuo amico/a
Cancellarti da questa newsletter (io triste)
Would you give up a steady job?
Today, I was replying to a message. You know, I do that job of helping people move to Australia.
“I’ve always wanted to leave, but I’ve never had the courage.”
Then another message, again on WhatsApp: “I want to go to Australia, but I have a government job, and I don’t feel like giving it up.” To the latter, I replied that she must go, more than anyone else.
Not because I’m against government jobs, but because I’m against the concept of government jobs in Italy. I’m against this sense of sacrifice for a job that’s often an economic and moral humiliation. And when I think about it, I was one of them too. One of us Italians who give up living for work.
Hi, I’m Ilaria! I’m in Buenos Aires for a few days, and then I’ll head back to Italy for Christmas before moving to the Southern Hemisphere, to Australia, for a few months. Basically, going home. After two years of traveling in South America, I’ll miss the concept of being Latin American.
If you enjoy my travel stories, remember you can subscribe (and receive a free consultation with me) or offer me an aperitivo.
My Departure for Australia
When I left for Australia in 2014, I organized a garage sale at my place. Back then, I lived in Udine and worked as a journalist for the local newspaper, TV station, and website. My job was fantastic—I’d rush from one side of the city to the other, interviewing everyone from politicians to neighborhood committee presidents. I’d watch shows, review films, books, events, eat for free, and everyone in town knew me. It was great being famous in my little province.
Then I became a nobody on the other side of the world. And I liked it—and still do. Being anonymous gives me the freedom to be myself. Before, it felt like everyone knew better than I did how to manage my money, have a relationship, succeed at work, and live my life, all pre-planned and neatly written down.
Leaving an underpaid job, going on vacation to Vietnam without planning anything, not being interested in a career—it all seemed absurd. I was very interested in being a journalist, but not at that cost. I tried, I succeeded, I was exploited, and I was rewarded for my sacrifices and belief in the work. But then, suddenly, I stopped believing in the necessity of sacrificing too much. I mean, isn’t it better to see whales in Patagonia than to get paid 8 euros for an article, hoping to be hired by the local newspaper, living with that feeling where, when you’re not working, you’re too tired to do anything? Not even to see whales in Patagonia.
And everything that numbs you temporarily—a beer, a Netflix series, an endless Instagram scroll—works just fine to avoid thinking.
A Very Italian Thing
Looking back, it feels like such an Italian thing: sacrifice, the concept of age and being “too late” in life, exploitation, not giving up despite the humiliations, never taking a gap year, never allowing yourself a few months off between jobs—because it looks bad on your CV. It’s a very Italian thing, also because of the limited economic opportunities we have. But it’s also true that today, anyone can make a change and see that things work differently outside of Italy.
The Garage Sale
I remember selling even the treadmill I had in the entrance of my tiny rented apartment, which I used daily while watching English TV series. It felt absurd that someone came to pick up a treadmill. I sold the nice coffee cups, clothes, toaster, and some paintings. It was more than a garage sale—it was a farewell party with my friends.
About forty people packed into a tiny house, all standing, holding glasses and plates of cold pasta, like those college parties in apartments.
For me, the garage sale represented goodbye. I was heading to Australia with a tourist visa—not exactly the epitome of stability. But I was convinced I would move to Australia for good. That I’d get permanent residency and never look back. In a way, that’s what happened. I got Australian citizenship, changed careers, and, most importantly, I changed myself.
Countless One-Way Tickets
But back to those messages I receive every day. There are so many, and they all say the same thing: Should I take the risk?
And now that I know, I want to say:
“Of course, go! Leave that government job. What even is a government job? It’s not Checco Zalone’s movie. Go, go lightly, don’t overthink it. Let go of your friends, family, Italy, your stable job, 8 euros an article, and perfectly cooked pasta.
Pack a backpack, get a visa, buy a ticket, head to the other side of the world. Sleep in hostels, make new friends from around the globe, listen to incredible stories from people who, maybe before you, figured out that a stable job isn’t everything. Sure, they’re Germans, Brits, Danes—it’s a different culture. Go to parties, look for work, hand out dozens of resumes, make a best friend, laugh until you cry, make mistakes in English, and just make mistakes in general.
Post an ad in a group, go on a road trip with strangers, sleep in a van, wake up at dawn, stay out till dawn, cry, get discouraged, get scammed, lose money, earn money, work in a bar, enroll in a surf school, do a work exchange in a hostel, teach Italian to strangers, and never forget to observe how others live. People outside your routine, outside your Italy, your little town, your neighborhood, your friend group, your judgments, your home-to-work trajectory, your questions about kids and partners. Outside of everything.
It’s just you, and everything is new. You’ll have to make dozens of decisions every day: what to eat, where to go, which bus to take, whether to accept a job, whether to go out tonight, whether to clean the house now or later, whether to grab a beer, do Pilates or yoga, stay in Melbourne or see what life’s like in Brisbane, keep working at that café, apply for a visa to New Zealand, kiss the guy you really like.
Take your backpack again and head to Asia. Travel through Southeast Asia with a one-way ticket. Sleep in 6-euro hostels, live day by day, not knowing what you’ll do tomorrow—or even tonight. Not knowing who you’ll meet and whose story will change your day and your destiny once again.
Return to Italy, hug everyone, maybe for a while, maybe forever. Take that stable job, believe in it for a few months. Then one day, feel nostalgic for adventure, the unknown. Miss that feeling of not knowing how your day will end, discovering new places, plunging into a freezing lake, crossing the desert in a 4x4, climbing a high mountain, talking with a Brazilian and a Japanese person in broken English, running to meet your new best friend, spending hours on a bus staring out the window, seeing penguins and sea lions, having a beer at sunset with ever-changing landscapes, nature, warmth, and that beautiful kind of tiredness.
You’ll miss it all.
And then you’ll buy another one-way ticket, this time to South America, because our nomadic itinerary often goes: Australia, Southeast Asia, South America, Central America. And then, who knows? I don’t know yet, because I haven’t lived it yet.”
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
Leave me a like
Write a comment
Unsubscribe from this newsletter (I'll be sad)
Chat GPT translated this article
Fatico a rispondere perché non ho mai avuto un posto fisso. Nemmeno a 20 anni avevo il carattere per rimanere legato a orari o turni. E per questo ho discusso con tante persone, tra gli amici e in famiglia. Ho sempre avuto partita iva, con tutti i contro che porta, ma anche i grandissimi vantaggi. Questo però non significa che non abbia rinunciato a tanto per il mio lavoro, seppur lo possa fare ovunque. Secondo me dipende dalle situazioni e dai momenti. Anche lasciare un posto fisso non è per tutti (anche se senti il desiderio di farlo), sono passi che vanno preparati, step by step. Chi impiega meno tempo, chi di più. Ma vanno pesate tante cose, diverse per ciascuno. Ho visto troppi - anche amici cari - rovinarsi la vita seguendo consigli o facendosi "pompare" da finti guru del "molla tutto e parti". Mio modesto parere 😂
Non ho mai, mai avuto un posto fisso in tutta la mia vita e non riuscirei a immaginarmi una cosa come svegliarmi alla stessa ora ogni giorno, stare fuori casa 10 ore, lavorare per altri, tornare a casa ed essere troppo stanca per qualsiasi cosa. Lavoro 13-16 ore alla settimana, per me stessa e da casa (o in qualche altro posto strano) e mi sembra di non avere mai abbastanza tempo per fare tutte le attività che voglio fare. Davvero non capisco come si faccia a lavorare 40 ore a settimana + commuting + pausa pranzo. E soprattutto essere costretti a fare sempre le stesse cose nello stesso posto.
Dovrebbe essere una libera scelta, non il modo di vivere standardizzato. In un mondo ideale, almeno.