Ho fatto un corso di barca a vela, sono stata bocciata. Ho provato a fare surf, mi sono rotta una costola. Per non parlare di quella volta che mi sono tolta gli sci e mi sono fatta una pista nera a piedi sugli scarponi, paonazza in volto e con lacrime di frustrazione.
Ci sono stati dei momenti nella mia vita in cui sono andata al di là della mia comfort zone ed è stata una figata pazzesca, altri in cui per sfidare i miei limiti e le mie paure, me ne sono tornata a casa, con la coda tra le gambe. E questo è stato il caso del mio corso di vela a Caprera.
Ciao sono Ilaria, e questa è la mia newsletter! Quando ho iniziato questo progetto, qualche mese fa, l’idea era quella di riordinare tutti i miei racconti di viaggio, dal 2017 ad oggi. E piano piano lo sto facendo. Ogni tanto, infatti, leggi un racconto di qualche tempo fa. Non è mai originale, è aggiornato al mio pensiero attuale. Ed è il caso del racconto di oggi, sul corso di vela a Caprera.
Se ti piacciono i miei racconti di viaggio e vuoi sostenere il mio progetto di scrittura, puoi offrirmi un aperitivo e se vuoi dare un'occhiata al mio sito, lo trovi qui: www.ilariagianfagna.it
Caprera non ti cambia, ti ricorda solo chi sei. Non mi sembra una cosa da poco. L’ho pensato, perché sono stanca di sentire frasi del tipo: “questa esperienza mi ha cambiato”. Magari quella determinata esperienza mi ha avvicinato alla vera me stessa, che ogni giorno è nascosta da routine, doveri, formalità, schemi vari, gabbie auto-create.
Ed è questa sensazione che ho provato a Caprera, una piccola isola nell’arcipelago de La Maddalena. Famosa per il Centro Velico Caprera, appunto, dove ogni settimana vengono formati decine di velisti. Non io, perché sono stata bocciata e non voglio più guidare o come cavolo si dice, una barca a vela in vita mia.
Che cos’è Caprera?
È un luogo meraviglioso, una riserva naturale protetta, con il mare cristallino, le spiagge deserte, la macchia mediterranea, le stelle cadenti, il profumo di mirto. Più che altro perché non passa giorno senza berne un bicchierino. Insomma un luogo incontaminato, magico. Qui c’è la sede del Centro Velico Caprera, che sorge su una ex base militare.
La scuola è nata nel 1967 e da allora ha formato oltre 130 mila allievi, tranne me perché nel mio caso, non c’è riuscita. Puoi imparare a navigare una deriva, ovvero una piccola imbarcazione a vela; oppure un cabinato, che è la barca a vela come comunemente ce la immaginiamo tutti.
I corsi vanno da aprile a novembre, durano una settimana e ci sono diverse opzioni, a seconda del tuo livello. Puoi fare il corso anche se non sei mai salito su una barca. Una particolarità del posto è che è il Centro si basa su un sistema di volontariato per cui gli istruttori e chi ci lavora non viene retribuito. Proprio per questo motivo ogni giorno, toccano anche a te i turni di pulizia dei bagni e delle cucine.
Per una settimana la tua vita si svolgerà a Caprera, fuori dalla realtà e le tue attività si riducono a: imparare ad andare in barca a vela, mangiare, fare la doccia, ridere, dormire. Nel mio caso eravamo, 45 allievi, 10 istruttori, divisi in 9 bungalow, per 7 giorni, sempre insieme a colazione, pranzo, cena, in barca, a lezione, in bagno, in camera. Sempre insieme.
Addio terra ferma
Una delle cose più incredibili di questa esperienza è l’arrivo a Caprera. L’appuntamento è a La Maddalena dopo pranzo. Appena arrivi al molo, vedi un centinaio di persone, tutte emozionate, tutte che chiacchierano, chi sta da solo, chi fa amicizia, chi rivede i compagni di corso dell’anno passato, chi sarà in camerata con te, chi ti piacerà, chi non lo sopporterai, chi diventerà tua amica.
E tutto questo non lo sai, mentre stai al molo sotto il sole e pensi che sarà una settimana fighissima, con tanta attività fisica e con tante risate. E infatti, più o meno è così, nel mio caso aggiunto con una sorta di frustrazione costante.
Ci sono molti adolescenti, mi sembrano tutti bellissimi, già abbronzati, allegri, parlano di sport, di vela, di mare, come se non avessero fatto altro nella vita. Ed effettivamente fare un’esperienza simile a 15 anni dev’essere bellissimo, in mezzo alla natura, mentre fai sport, sempre in acqua, i primi amori, la prima esperienza senza genitori.
Li guardo e penso che mi sarebbe piaciuto vivere un’esperienza simile, a 15 anni anziché a 40. Io mi sono sentita sempre fisicamente un po’ imbranata. Poi negli anni sono migliorata e ho capito anche che i risultati si ottengono anche con la costanza e l’allenamento (ma che fatica però). Però ho sempre guardato con una sorta di ammirazione quelle ragazze che si muovono agili. Secondo me, hanno vissuto a contatto con la natura, lo sport e l’avventura sin da piccolissime. Io l’ho scoperto viaggiando.
La giornata tipo a Caprera
A Caprera la sveglia suona alle 6.30. In realtà non è una sveglia. A turno, uno di noi va in giro per i capanni bussando e urlando “Buongiorno”. Io non vedevo l’ora che questa operazione toccasse a me per sussurrare delle frasi divertenti ad ogni capanno.
La colazione viene servita a turni da noi alle 7 e bisogna essere in classe per la lezione di vela alle 8. La classe è questo posto in mezzo alla boschetto con delle panche e la lavagna. La tua vita si svolge all’aria aperta per una settimana, un po’ come in Asia. Anche la doccia la puoi fare all’aperto.
Alle 9 sali sulla barca per restarci fino alle 17 circa tra esercitazioni e pranzo in barca e qualche tuffo. Alla base c’è uno chef che cucina benissimo e prepara anche il pranzo al sacco.
Quando rientri dalla giornata in barca, hai qualche ora libera fino all’orario di cena. Ti fai una doccia, bevi una birra allo spaccio e poi suona la campana per la cena alle 20. Dopo cena alle 21, si fa il resoconto della giornata e poi hai di nuovo qualche ora libera per bere una birretta sul molo e guardare le stelle.
Lo spaccio è una specie di negozio che vende birra, vino, qualche snack, attrezzatura sportiva e merchandising del Centro Velico che apre ogni giorno alle 18 e chiude alle 20. Quindi quello è il tuo lasso di tempo per comprare gli alcolici che ti serviranno per cena e dopo cena. Devi fare bene i conti, altrimenti resti a bocca secca. Anche se con tutta quella stanchezza fisica, basta una birra per farti sognare la branda.
Alle 23 sei distrutto per il vento, il sole, l’acqua e lo sport. Rimani una mezz’oretta nel letto a parlare con i tuoi compagni di stanza. Di solito muori dalle risate, per poi crollare. In ogni capanno, fatto di legno e di paglia, ci sono 3 letti a castello, quindi dormi con altre cinque persone, nel tuo sacco a pelo, sentendo il rumore del mare e gli altri russare. Il giorno dopo alle 6.30 ricomincia tutto uguale.
Caprera e un po’ come un reality
A vivere una vita a così stretto contatto con 45 sconosciuti, soprattutto con quei 5 che dormono con te per un’intera settimana, crei quei rapporti unici, dove muori dalle risate. Finisce che ti capici solo con loro, nascono una serie di aneddoti, storie, pettegolezzi e quello sembra il tuo unico mondo possibile, almeno per quella settimana. Quasi ti dimentichi del telefono e non ti viene spontaneo nemmeno chiamare a casa, perché tu ormai stai vivendo un’altra vita.
Fortunatamente direi, ho vissuto tante esperienze simili, grazie agli ostelli, i viaggi da sola, i compagni d’appartamento, l’università, l’Erasmus e il Leonardo, l’Inghilterra, la Spagna e l’Australia.
E queste esperienze ti insegnano condivisione, rispetto e simpatia, perché devi anche imparare a non prenderti troppo sul serio. Basta gente che ha ragione, basta gente che deve avere l’ultima parola, basta gente che ti deve spiegare, ma chi se ne frega?
Però Caprera è veramente full on, perché stai insieme anche in bagno e sei sempre lo stesso gruppo e non vedi nessun altro al di fuori del gruppo, non c’è un bar, un ristorante, insomma a metà tra un reality e metafora della vita.
Eh sì perché la vita in barca e alla base ti insegnano la condivisione. Che uno dice ma a 40 anni, ancora non l’hai capito? Evidentemente no! Come nella vita, c’è quello simpatico, quello antipatico, quello arrogante, quello che sa tutto, quello che suona la chitarra, il medico (che ha dovuto pure mettere tre punti ad un povero malcapitato), l’ingegnere, il viaggiatore, lo sportivo, lo studente. E come nella vita, magari ti ritrovi in equipaggio uno che non sopporti, devi mediare, sapere quando lasciare correre e quando invece far valere le tue ragioni, sostenere gli altri e saper chiedere aiuto, riconoscere chi è genuino e chi un po’ meno. E tutto questo nell’arco di una settimana.
A Caprera, si ride, si piange, ci si fa un mazzo tanto, e ancora si ride, si aiuta, si odia, si bacia, si scivola, si sbatte la testa, si mettono i punti, si balla, si abbraccia, si piange, si impara e si sbaglia e poi si sbaglia ancora. Cosa mi ha colpito di più? Il boma.
La mia frustrazione
Io di Caprera non ci ho capito niente. Sono entrata con tanto entusiasmo e ne sono uscita con tante lacrime. Da un lato perché appena varcato il cancello della base ho capito che mi sarebbe mancata quella vita in mezzo alla natura con tante persone simili a me, solo per il fatto di aver scelto quell’esperienza. Dall’altro perché io non ho veramente capito niente della vela.
Questo metodo basato soprattutto sulla pratica, mi ha pietrificato. Mi sembrava di essere in Cina, circondata da persone che mi parlavano in mandarino, che si aspettavano che io rispondessi in mandarino. Non voglio mai riprovare questa sensazione di impotenza e frustrazione. Ovviamente sto parlando degli istruttori e del metodo, non dei miei compagni di avventure, che invece ho capito perfettamente.
Mi ricordo i pomeriggi in cui scendevo dalla barca, con le mie Nike Airforce (perché con quelle scarpe non si scivola in barca) in lacrime. Perché ero l’unica che non capiva. Ero anche l’unica ad essere digiuna di barca, vela, patente nautica. Quindi c’era chi mi abbracciava, chi mi consolava, chi mi giustificava, chi ironizzava, chi si atteggiava a istruttore di vela.
Poi l’ultimo giorno, abbiamo fatto una grande festa e uno di noi doveva prendersi la briga di organizzarla. Quell’uno ero io. Sempre l’ultimo giorno, quando non mi hanno consegnato il diploma, perché non avevo imparato nulla, non me la sono presa.
La festa è stata bellissima e tutti mi hanno fatto i complimenti, per avere la conferma che la comunicazione e le pubbliche relazioni mi riescono bene, lo sport e quell’essere pratica, in po’ meno.
Non ho mai capito se mi fossi spinta davvero troppo oltre i miei limiti e le mie paure. O funziona così: uno prova un po’ tutto e poi alcune cose non fanno per te.
Leggi il racconto precedente…
A mercoledì,
Ilaria
Le mie Mini-Guide
Sono uscite un sacco di Mini-Guide. Che cosa sono? Sono guide (bar, ristoranti, negozi, yoga, esperienze) con descrizione e pin su Google Maps, dove ho salvato tutti i miei indirizzi preferiti.
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I hate sailing
I took a sailing course and failed. I tried surfing and broke a rib. Not to mention the time I took off my skis and walked down a black slope in ski boots, face flushed and tears of frustration streaming down.
There have been moments in my life when I stepped out of my comfort zone, and it was amazing. Other times, challenging my limits and fears led to me returning home with my tail between my legs. This was the case with my sailing course in Caprera.
Hi, I’m Ilaria, and this is my newsletter! When I started this project a few months ago, the idea was to organize all my travel stories from 2017 to now. And little by little, I’m doing it. Occasionally, you’ll read a story from a while ago. It’s never original, but updated to my current thoughts. This is the case with today’s story about my sailing course in Caprera.
If you enjoy my travel stories and want to support my writing project, you can buy me a drink. If you want to check out my website (it is also in English) you can find it here: www.ilariagianfagna.it
Caprera doesn’t change you; it just reminds you who you are. That’s no small thing. I thought about this because I’m tired of hearing phrases like, “this experience changed me.” Maybe that particular experience brought me closer to my true self, which is hidden every day by routine, duties, formalities, various schemes, and self-created cages.
This is the feeling I experienced in Caprera, a small island in the La Maddalena archipelago, in Sardegna. Famous for the Centro Velico Caprera, where dozens of sailors are trained every week. Not me, because I failed, and I never want to steer, or whatever you call it, a sailboat again in my life.
What is Caprera?
It’s a wonderful place, a protected natural reserve with crystal-clear sea, deserted beaches, Mediterranean scrub, shooting stars, and the scent of myrtle. More because not a day goes by without a glass of it. In short, an unspoiled, magical place. Here is the Centro Velico Caprera, which is located on a former military base.
The school was founded in 1967 and has since trained over 130,000 students, except me, because it didn’t work out for me. You can learn to navigate a dinghy, which is a small sailboat, or a cabin cruiser, the kind of sailboat we all commonly imagine.
The courses run from April to November, last a week, and there are various options depending on your level. You can take the course even if you’ve never been on a boat before. A peculiarity of the place is that the Center is based on a volunteer system, so the instructors and staff are not paid. For this reason, you also have cleaning shifts for the bathrooms and kitchens.
For a week, your life will take place in Caprera, outside of reality, and your activities will be reduced to: learning to sail, eating, showering, laughing, and sleeping. In my case, we were 45 students, 10 instructors, divided into 9 bungalows, for 7 days, always together for breakfast, lunch, dinner, on the boat, in class, in the bathroom, in the room. Always together.
Goodbye, solid ground
One of the most incredible things about this experience is arriving in Caprera. The meeting point is in La Maddalena after lunch. As soon as you arrive at the pier, you see hundreds of people, all excited, chatting, some alone, some making friends, some reuniting with last year’s classmates, some who will be in your dorm, some you’ll like, some you won’t tolerate, some who will become your friends.
And you don’t know any of this while you’re at the pier under the sun, thinking it’s going to be an amazing week with lots of physical activity and laughter. And indeed, it is more or less like that, with a constant sense of frustration added in my case.
There are many teenagers, all seemingly beautiful, already tanned, cheerful, talking about sports, sailing, and the sea as if they’ve done nothing else in life. And indeed, having such an experience at 15 must be wonderful, amidst nature, doing sports, always in the water, first loves, the first experience without parents.
I look at them and think I would have loved to have such an experience at 15 instead of 40. I’ve always felt a bit clumsy physically. Over the years, I’ve improved and realized that results also come with consistency and training (but it’s a lot of work). I’ve always admired those girls who move gracefully. They probably lived in close contact with nature, sports, and adventure from a very young age. I discovered it through travel.
A typical day in Caprera
In Caprera, the alarm rings at 6:30 AM. Actually, it’s not an alarm. We take turns going around the cabins, knocking and shouting “Good morning.” I couldn’t wait for my turn to whisper funny phrases at each cabin.
Breakfast is served in shifts by us at 7, and we need to be in class for the sailing lesson by 8. The class is in a clearing with benches and a blackboard. Your life takes place outdoors for a week, a bit like in Asia. You can even shower outside.
At 9, you get on the boat and stay there until about 5 PM, with exercises, lunch on the boat, and some swims. There’s a chef at the base who cooks very well and also prepares packed lunches.
When you return from a day on the boat, you have a few hours of free time until dinner. You take a shower, drink a beer at the shop, and then the bell rings for dinner at 8 PM. After dinner at 9, there’s a debrief of the day, and then you have a few more hours to drink a beer on the pier and watch the stars.
The shop is a kind of place that sells beer, wine, some snacks, sports equipment, and Centro Velico merchandise. It opens every day at 6 PM and closes at 8 PM. So that’s your window to buy the drinks you’ll need for dinner and after. You have to plan well, or you’ll end up dry. Even with all that physical exhaustion, one beer is enough to make you dream of bed.
By 11 PM, you’re exhausted from the wind, sun, water, and sports. You spend half an hour in bed talking with your roommates. Usually, you laugh hysterically before crashing. Each cabin, made of wood and straw, has 3 bunk beds, so you sleep with five others, hearing the sound of the sea and everyone snoring. The next day at 6:30, it all starts again.
Caprera is a bit like a reality show
Living in such close contact with 45 strangers, especially those 5 who sleep with you for a whole week, creates unique bonds where you laugh hysterically. You end up understanding each other perfectly, creating a series of anecdotes, stories, gossip, and that seems like your only world, at least for that week. You almost forget about your phone and don’t even think of calling home because you’re living another life.
Fortunately, I’ve had many similar experiences, thanks to hostels, solo travels, roommates, university, Erasmus, and Leonardo programs, England, Spain, and Australia.
These experiences teach you sharing, respect, and friendliness, because you also learn not to take yourself too seriously. Enough with people who are always right, people who need the last word, people who have to explain things to you—who cares?
But Caprera is really full-on, because you’re together even in the bathroom, always with the same group, not seeing anyone else outside of the group. There’s no bar, no restaurant, halfway between a reality show and a metaphor for life.
Yes, because life on the boat and at the base teaches you sharing. You might think, at 40, haven’t you figured that out yet? Evidently not! Like in life, there’s the funny one, the annoying one, the arrogant one, the know-it-all, the one who plays the guitar, the doctor (who had to put three stitches in a poor guy’s head), the engineer, the traveler, the athlete, the student. And like in life, you might end up in a crew with someone you can’t stand, having to mediate, knowing when to let things go and when to stand your ground, supporting others, and knowing how to ask for help, recognizing who is genuine and who isn’t. All this in a week.
In Caprera, you laugh, cry, work hard, laugh again, help each other, hate each other, kiss, slip, bump your head, get stitches, dance, hug, cry, learn, and make mistakes, then make more mistakes. What struck me the most? The boom.
My frustration
I didn’t understand anything about Caprera. I went in with so much enthusiasm and left with many tears. On one hand, because as soon as I stepped through the base’s gate, I realized I would miss that life in nature with so many people like me, just for choosing that experience. On the other hand, because I really didn’t understand anything about sailing.
This method, based mainly on practice, petrified me. It felt like being in China, surrounded by people speaking Mandarin, expecting me to respond in Mandarin. I never want to feel that sense of helplessness and frustration again. Of course, I’m talking about the instructors and the method, not my fellow adventurers, whom I understood perfectly.
I remember the afternoons when I got off the boat in tears, wearing my Nike Air Force (because you don’t slip on a boat with those shoes). Because I was the only one who didn’t understand. I was also the only one who was completely new to boats, sailing, and nautical licenses. So there were those who hugged me, those who consoled me, those who justified me, those who joked, and those who acted as sailing instructors.
Then on the last day, we had a big party, and one of us had to organize it. That one was me. Also, on the last day, when they didn’t give me the diploma because I hadn’t learned anything, I didn’t mind.
The party was beautiful, and everyone complimented me, confirming that I’m good at communication and public relations, but less so at sports and practical things.
I never figured out if I had really pushed myself too far beyond my limits and fears. Or maybe it works like this: you try a bit of everything, and some things just aren’t for you.
My Mini-Guide
A lot of Mini-Guides have been released. What are they? They are guides (bars, restaurants, shops, yoga, experiences) with descriptions and pins on Google Maps, where I have saved all my favorite spots.
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
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Bella questa newsletter in cui ammetti i tuoi limiti e li "accetti". Davvero! Mi è piaciuta un sacco, proprio perché fuori dal coro e mosca bianca. Sono sempre tutte e soltanto: "Se vuoi, puoi!" E io ho sempre pensato: "Ma anche no!" 😂
P.S.: Pure io non amo la vela, ma per motivi diversi. Odio stare troppo al sole, ho una pelle chiarissima e mi innervosisco dopo 30 minuti di quella vita.
Molto bello ammettere anche le sconfitte.
Alla fine, quello che conta sono i bei ricordi.