Sto pedalando su Russell Street, sulla pista ciclabile, sono circondata da altri ciclisti, il cielo è azzurro, sono tanti, stanno tutti andando al lavoro, sono le 8.30 di mattina qui a Melbourne. Molti di loro sono già andati a hot yoga, in palestra oppure a correre. Hanno già fatto la colazione con le uova ed ora eccoli qui, accanto a me, sono australiani, ma anche internazionali, hanno lo zaino, il computer, il pranzo, il cambio, il casco. E in quel momento, vedendoli così spensierati mi commuovo, gli occhi mi si riempiono di lacrime e provo tenerezza. Faccio un sorriso e continuo alla volta di Elizabeth street, direzione ufficio.
Ciao sono Ilaria! Saluti da Melbourne, sono arrivata da una decina di giorni o poco più e resterò qui un annetto per motivi di lavoro e per fare una pausa dal lungo viaggio.
Se ti piacciono i miei racconti di viaggio puoi abbonarti (riceverai in omaggio una consulenza con me) oppure puoi offrimi un aperitivo.
Sono lì con il loro caschetto, il loro zainetto, che pedalano, spensierati. Alle 17 usciranno dall’ufficio, magari poi faranno un salto agli Australian Open. Con un pass da $25 puoi entrare nell’area dove si svolge uno dei tornei di tennis più famoso al mondo, ogni gennaio a Melbourne. Puoi bere una birra, assistere a qualche match minore, farti un hamburger e trascorrere qualche ora all’aperto con i tuoi amici. Anche io ci vado questa sera.
Gli australiani sono spensierati
La cosa che mi ha colpito di più quando sono arrivata a Melbourne per la prima volta, è stata proprio questa: la loro spensieratezza. È come se gli australiani non avessero preoccupazioni. Che poi forse è sbagliato dire gli australiani, oppure è giusto se il termine si riferisce a gente da tutto il mondo che si è trasferita in Australia. Qui si parlano 300 lingue, oltre all’inglese. Incluse le lingue indigene.
È come se questa spensieratezza fosse contagiosa. Loro sono presi bene, tu sei preso bene. Ti sorridono, ti chiedono come stai, ti salutano.
Ho trascorso gli ultimi due anni tra Sud America e Centro America e ogni tanto sono tornata in Italia. E ogni volta è stato drammatico passare da tanta allegria, tanti colori, tanto caldo a tanta negatività.
Mi manca la mozzarella
Io adoro l’Italia, ci sono addirittura tornata a vivere dopo 5 anni di Australia. Adoro il prosciutto di San Daniele, la mozzarella di bufala, i miei amici, il cinema con il regista in sala, i vini e i piattini, il teatro contemporaneo, il festival di Internazionale a Ferrara e pipponi.
Adoro parlare italiano, adoro mangiare italiano e adoro l’italianità in generale. Mi piace la moda, il design, l’architettura, la bellezza, la storia, la cultura, l’eleganza, la pesantezza.
Solo che quando sono in Italia, non sono spensierata. C’è sempre un velo di negatività, di impossibilità a sognare, di giudizio. E mi chiedo che prezzo abbia questa mozzarella.
I vestiti
Anche quando mi vesto, mi sento sempre imperfetta. Oggi, invece, prima di uscire da casa mia a Collingwood e salire sulla mia bicicletta, mi sono resa conto che non mi sono pettinata. Ieri sera per andare a cena dai miei amici mi sono messa uno short, una t-shirt e le scarpe da ginnastica. A Milano mi sarei vestita più carina, ma mi sarei sentita anche meno carina.
Ogni volta che torno in Italia, sento come una pressione atmosferica che si abbatte su di me. In Australia, non mi sento così. Mi sento libera e me stessa. Ho raccontato alla mia amica che ho trascorso due anni in Sud America e lei mi ha raccontato del suo anno sabbatico in Brasile, dove ha imparato il portoghese.
Quando l’ho raccontato alla mia amica italiana in un bar di Milano, mi ha detto che è stufa della sua vita, della sua routine e non sa come cambiarla. È come se in Italia, sentissi le stesse storie di immobilità, mentre in Australia sento storie di novità.
È anche abbastanza ovvio che tutto ruota intorno ai soldi. In Australia si guadagna bene, si può cambiare spesso lavoro, si può fare un anno sabbatico, si può crescere professionale e si può ottenere uno stipendio più alto. Si può finire di lavorare alle 17, anche prima, si può dare importanza al tempo libero, senza sentirsi in colpa e non solo si può sognare alla grande, ma anche viverla una vita più avventurosa.
Nessun giudizio
È anche abbastanza ovvio che l’Australia non è il luogo perfetto, che l’Italia non va criticata secondo il cliché che sei italiano e ti devi lamentare per forza. È semplicemente una questione di come ti senti tu in un contesto più libero, più stimolante, rispetto ad un contesto limitante. L’altra sera sono andata a mangiare una pizza, buonissima, eravamo una decina al tavolo, provenienze e storie diverse. Si parlava di viaggi, avventure, imprenditoria, nuove idee, risate, ricordi. Al tavolo in Italia si ride altrettanto, noi italiani siamo simpatici e facciamo un sacco di battute, ma non si parla spesso dell’ultimo viaggio durato mesi o dell’ultimo business aperto.
Tutto questo per dire che non c’è meglio o peggio, ma semplicemente per me è stato meno traumatico il passaggio da un lungo viaggio con lo zaino in spalla all’Australia, rispetto a quando sono tornata in Italia, dove ero l’unica ad aver fatto un’esperienza simile. Qui non solo sono una delle tante. Ma sono anche una dei tanti expat, tutti attorno a me hanno vissuto un’esperienza di immigrazione, di vita all’estero, di nuova lingua, nuovo lavoro, nuove figate e nuove difficoltà. Non si può dire lo stesso del mio entourage italiano, che io adoro almeno quanto la mozzarella di bufala.
Vorrei capire perché, oltre ad una questione economica, siamo più quadratini, rispetto ad altri paesi e ad altre culture. Se hai un’opinione, commenta questa newsletter, saluti da Melbourne.
Leggi il racconto precedente…
A mercoledì,
Ilaria
Sei in partenza? Fatti un’assicurazione di viaggio e sanitaria! Approfitta del 10% di Heymondo, ti lascio il link qui sotto. Parti sicuro e allo stesso tempo sostieni il mio progetto di scrittura di viaggi!
Se vuoi, puoi fare un sacco di cose belle. E non solo qui, anche nella vita. Puoi:
Lasciare un like
Scrivere un commento
Abbonarti alla mia newsletter
Girare questa newsletter a un tuo amico/a
Cancellarti da questa newsletter (io triste)
Where life is lighter
I’m cycling on Russell Street, on the bike lane, surrounded by other cyclists. The sky is blue, there are many of us, they’re all heading to work, it’s 8:30 in the morning here in Melbourne. Many of them have already been to hot yoga, the gym, or gone for a run. They’ve already had breakfast with eggs, and now here they are, next to me: Australians, but also internationals, with their backpacks, computers, lunch, change of clothes, and helmets. In that moment, seeing them so carefree, I get emotional. My eyes fill with tears, and I feel tenderness. I smile and continue towards Elizabeth Street, heading to the office.
Hi, I’m Ilaria! Greetings from Melbourne. I’ve been here for about ten days, or maybe a little more, and I’ll stay for about a year for work and to take a break from my long journey.
If you like my travel stories, you can subscribe (and you’ll receive a free consultation with me) or you can treat me to a drink
There they are, with their helmets, their backpacks, cycling, carefree. At 5 PM, they’ll leave the office, and maybe then they’ll pop over to the Australian Open. With a $25 pass, you can enter the area where one of the most famous tennis tournaments in the world takes place, every January in Melbourne. You can have a beer, watch a minor match, grab a burger, and spend a few hours outdoors with your friends. I’m going there tonight too.
Australians are happier
What struck me the most when I first arrived in Melbourne was exactly this: their carefreeness. It’s as if Australians don’t have worries. Well, maybe it’s wrong to say Australians – or maybe it’s right if the term refers to people from all over the world who have moved to Australia. Here, 300 languages are spoken, in addition to English. Including Indigenous languages.
It’s as if this carefreeness is contagious. They’re in a good mood, and you catch it too. They smile at you, ask how you are, greet you.
I spent the last two years between South and Central America, and every now and then I went back to Italy. And every time, it was traumatic to go from so much joy, so many colors, so much warmth, to so much negativity.
I miss mozzarella
I love Italy; I even went back to live there after 5 years in Australia. I love San Daniele ham, buffalo mozzarella, my friends, the cinema with the director in the hall, wine and small plates, contemporary theater, the Internazionale Festival in Ferrara, and endless rants.
I love speaking Italian, eating Italian, and the Italian way in general. I love the fashion, design, architecture, beauty, history, culture, elegance, and heaviness.
The thing is, when I’m in Italy, I’m not carefree. There’s always a veil of negativity, an inability to dream, judgment. And I wonder what the price of this mozzarella is.
The clothes
Even when I get dressed, I always feel imperfect. Today, however, before leaving my home in Collingwood and getting on my bike, I realized I hadn’t even combed my hair. Last night, to go to dinner at my friends’ place, I wore shorts, a t-shirt, and sneakers. In Milan, I would’ve dressed up a little more, but I would’ve also felt less pretty.
Every time I go back to Italy, it’s like an atmospheric pressure falls on me. In Australia, I don’t feel that way. I feel free and true to myself. I told my friend that I’d spent two years in South America, and she told me about her sabbatical year in Brazil, where she learned Portuguese.
When I told my Italian friend in a bar in Milan, she said she’s fed up with her life, her routine, and doesn’t know how to change it. It’s like in Italy, I hear the same stories of stagnation, while in Australia, I hear stories of novelty.
It’s also pretty obvious that everything revolves around money. In Australia, you earn well, you can change jobs frequently, take a sabbatical year, grow professionally, and get a higher salary. You can finish work by 5 PM, even earlier, give importance to free time without feeling guilty, and not only dream big but live a more adventurous life.
No judging
It’s also pretty clear that Australia isn’t a perfect place, and that Italy shouldn’t be criticized according to the cliché that you’re Italian and you have to complain. It’s simply a matter of how you feel in a freer, more stimulating environment compared to a limiting one. The other night, I went for a fantastic pizza with about ten people at the table, from different backgrounds and with different stories. We talked about travels, adventures, entrepreneurship, new ideas, laughter, and memories. At a table in Italy, we laugh just as much – we Italians are funny and joke a lot – but we don’t often talk about the last months-long trip or the latest business venture we’ve started.
All this to say that there’s no better or worse, but for me, the transition from a long backpacking trip to Australia was less traumatic than when I went back to Italy, where I was the only one who had experienced something like that. Here, I’m just one among many – I’m one of many expats. Everyone around me has experienced immigration, living abroad, new languages, new jobs, new adventures, and new challenges. You can’t say the same about my Italian entourage, which I adore as much as buffalo mozzarella.
I’d like to understand why, beyond economics, we tend to be more “boxed in” compared to other countries and cultures. If you have an opinion, leave a comment on this newsletter. Greetings from Melbourne.
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
Leave me a like
Write a comment
Unsubscribe from this newsletter (I'll be sad)
Chat GPT translated this article
Si parla di etica del lavoro protestante ma l'etica del lavoro cattolica (adesso la Chiesa sta correndo ai ripari ma ci siamo capiti) credo c'entri molto con la bassa pressione che avverti quando ritorni in Italia. La convinzione che il lavoro sia una punizione (e ci sarà dato di riposare in un'altra vita) non è solo italiana ma arriva da lontano e condiziona il nostro modo di affrontare la vita.
Sulla maggiore spensieratezza quando sono all'estero sono del tutto d'accordo, ma per altri motivi.
Sull'essere più o meno sempre in tiro, la fotografia che hai fatto credo sia molto calzante e dovuta alla tua vita milanese, ma vale anche per altri luoghi nel nord Italia.
Io in tanti altri luoghi - piccoli o medi - del nostro paese in cui ho trascorso del tempo (giorni, settimane o mesi) non ho mai dovuto preoccuparmi di come mi vestivo, per andare al bar o per fare la spesa. Secondo me ci sono luoghi, come Milano, che si impongono su di noi e ci isolano se non ci conformiamo. Lo so... Milano è l'antitesi della MIA felicità, ma spero di essermi spiegato 😂