Ti è mai capitato di tornare in un luogo speciale e sentirti stranamente fuori posto? In questa newsletter ti porto con me a riflettere sulla differenza tra nostalgia e familiarità, attraverso un ritorno che mi ha lasciato un sapore dolceamaro: quello a Granada.
Pensavo di ritrovare tutto com'era. Invece sono arrivata e mi sono sentita una turista nel mio stesso ricordo. Le persone diverse, i bar diversi, io diversa. E lì ho capito che non si torna mai davvero. Mi è successo a Granada, in Andalusia. Ci avevo vissuto sei mesi dopo l’università, è lì che ho imparato lo spagnolo. Avevo idealizzato questo luogo magico, l’Alhambra, l’Albaicín, le tapas, il tinto de verano, rientrare a casa all’alba, i tramonti, i bottellon, i nuovi amici da tutto il mondo. Era un luogo del cuore. Poi ho deciso di tornarci, qualche anno dopo. Così una breve vacanza di una settimana. Non vedevo l’ora di andarmene.
Ciao sono Ilaria! Ogni tanto, di mercoledì, ti scrivo una newsletter.
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Ero nella stessa Granada. Eppure qualcosa era diverso. Non c’erano più gli amici da tutto il mondo, almeno non i miei, molti luoghi erano stati restauranti e Granada non era più la sgangherata cittadina del sud della Spagna, ma era una città elegante e curata. Che voglio dire, buon per lei!
Le grotte dove si esibivano i gitani erano diventati veri e proprio luoghi di attrazione, pieni di turisti. Mentre io qualche anno prima ballavo con i gitani e battevo le mani estasiata all’ennesimo spettacolo di flamenco improvvisato, bevendo una caña, su un tavolino di plastica, che non stava dritto e con i segni di tutti i bicchieri precedenti. Di tutte le storie precedenti. Adesso quel tavolino è nuovo di pacca, per entrare all’Alhambra fai una fila di ore, vedo uno dietro l’altro Sephora, Zara, H&M, Vodafone, Berska, Starbucks. Che poi c’erano anche prima, ma non erano così tanti. Mi aggiro tra treppiedi ed influencer, che fanno un reel sulle “5 cose da fare a Granada”.
Corro verso la bodega, che mi piaceva tanto, sono sicura che quella è rimasta invariata. Appena entrata, ho riconosciuto tutto: l’odore di vino e di tapas, i camerieri non più giovanissimi (forse gli stessi di allora), i clienti locali che parlano a voce alta, gli stessi azulejos (le piastrelle bianche e blu tipiche della Spagna e dell’influenza araba). Mi siedo al banco. Ordino una caña (una birra minuscola, come si usa lì) e una tapa di gambas. Il sapore era identico. Mi sembrava che dentro quella bodega il tempo si fosse fermato. E per un attimo, solo per un attimo, mi sono sentita di nuovo a casa.
Poi, ho guardato fuori e ho contato le ore che mancavano al volo che mi avrebbe riportato a Milano.
Avevo idealizzato Granada.
Non sapevo ancora che i luoghi cambiano.
Proprio come me. E non sapevo quanto ancora sarei cambiata dopo.
E che spesso non è il luogo a tradirmi, ma l'illusione che tutto possa restare uguale.
Forse, se tornassi oggi a Granada, la troverei con occhi diversi.
Accoglierei il cambiamento, anzi forse lo cercherei.
Prima di vivere viaggiando, pensavo che il mondo e le persone fossero più o meno immobili. Non avevo ancora scoperto la libertà che avevo dentro.
Ho capito quindi che è impossibile replicare un’emozione e che il cambiamento è bello, ma lascia anche un po’ di nostalgia.
Ho capito che forse viaggiamo anche per questo: per imparare a dire addio non solo ai posti, ma anche alle versioni di noi che abbiamo lasciato lì.
Nostalgia vs Familiarità
E ho capito che la nostalgia è un concetto legato alla separazione, alla perdita e al contrasto tra la persona che eri e quella che sei quando ci ritorni.
Ma c’è un altro tipo di ritorno: quello che non porta con sé nessuna sensazione di perdita. Anzi, mi fa sentire come se il posto fosse sempre stato lì, ad aspettarti. È la familiarità. Ed è quello che mi succede quando torno a Buenos Aires, a Milano e a Melbourne.
C’è una certa comfort zone nel ritrovare tutto com’era, anche se magari quel bar ha chiuso e adesso c’è un nuovo negozio di birrette e vinili. Quello che provo è una sensazione di continuità, come se il posto fosse una parte di me che conosco a memoria, che ancora mi sorprende, ma mi accoglie.
Familiarità, nostalgia o entrambe?
Può capitare che i due sentimenti si mescolino. A volte, una città che prima mi sembrava un sogno lontano, come appunto Buenos Aires, con il suo tango, il suo Malbec, la sua storia, le sue strade, i suoi teatri, i suoi bar chiassosi e la sua musica dal vivo, i turisti, San Telmo, Palermo e Recoleta, diventi improvvisamente familiare.
Mentre altri luoghi, che avrei giurato mi sarebbero rimasti nel cuore, come Bali, iniziano a sembrare lontani, irreali. Perché sono cambiata io, ma è cambiato tanto anche il luogo. E non parlo di overtourism, anche se è un aspetto determinante per farti sentire o meno a casa. Per Bali, mi hanno consigliato di esplorare il nord dell’isola, tra motorini, cascate, case semplici dove dormire e incontri più autentici, lontano dai social. Se ci sei stato, scrivimi! Ti lascio il mio Instagram se vuoi seguirmi e chiacchierare un po’.
E tu?
Qual è il luogo dove provi familiarità?
E quello in cui hai provato una nostalgia tradita?
Ti lascio come sempre il mio questionario, ma se vuoi raccontarmelo anche nei commenti, mi fa ancora più piacere.
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Leggi il racconto precedente…
Questa settimana ti segnalo la newsletter di
che si chiama un po’ perché oggi ho parlato della Spagna e Alice vive a Barcellona e un po’ perché anche la sua è un’esperienza di italiana all’estero.Ad un mercoledì,
Ilaria
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Have you ever returned to a special place and felt strangely out of place?
In this newsletter, I’ll take you with me to reflect on the difference between nostalgia and familiarity, through a return that left me with a bittersweet feeling: my trip back to Granada.
I thought I would find everything just as I had left it. Instead, I arrived and felt like a tourist in my own memory. Different people, different bars, and a different me.
That’s when I realized you never really go back. It happened to me in Granada, Andalusia. I had lived there for six months after university — it’s where I learned Spanish.
I had idealized this magical place: the Alhambra, the Albaicín, the tapas, the tinto de verano, coming home at dawn, sunsets, botellones, and new friends from all over the world. It was a place I held in my heart.Then, a few years later, I decided to go back.
Just a short one-week vacation. And I couldn’t wait to leave.
Hi, I’m Ilaria! Every now and then, on Wednesdays, I send out a newsletter.
If you enjoy my stories, you can subscribe (you’ll get a free consultation with me) or buy me a drink. It means a lot to know you’re supporting me!
I was in the same Granada. And yet, something was different.
There were no more friends from all over the world—at least, not my friends. Many places had been renovated, and Granada was no longer the scrappy little southern town I remembered. It had become elegant and polished—which, good for her!
The caves where gypsies used to perform had turned into full-blown tourist attractions.
Where I once clapped along, wide-eyed, to impromptu flamenco shows while drinking a tiny caña at a wobbly, scratched plastic table—marked by stories past—now everything looked new and shiny.
To visit the Alhambra, you now have to wait in endless queues.
And one after another: Sephora, Zara, H&M, Vodafone, Bershka, Starbucks.
Sure, they were there before too, but not this many.
I wandered among tripods and influencers filming "5 Things You Must Do in Granada" reels.
I rushed toward my beloved bodega, hoping it had stayed the same.
The moment I stepped inside, I recognized everything: the smell of wine and tapas, the slightly older (but familiar) waiters, the local customers speaking loudly, the same blue-and-white azulejos (tiles of Spanish-Arabic tradition).
I sat at the counter. Ordered a tiny caña and a plate of gambas tapas.
The taste was identical.
Inside that bodega, time seemed to have stood still.
And for a moment—just for a moment—I felt at home again.
Then, I looked outside and started counting the hours until my flight back to Milan.
I had idealized Granada.
I didn’t know yet that places change. Just like I do.
And I didn’t know yet how much I would keep changing afterward.
And that often, it’s not the place that betrays you—but the illusion that things can stay the same forever.
Maybe, if I went back to Granada today, I would see it differently.
I would welcome the change—maybe even seek it out.
Before living a life of travel, I thought the world—and people—were more or less static.
I hadn’t yet discovered the freedom I carried within me.
I realized you can’t recreate an emotion.
That change is beautiful—but it can leave a trace of nostalgia too.
And maybe that’s part of why we travel:
to learn how to say goodbye not only to places but also to the versions of ourselves we leave behind.
Nostalgia vs Familiarity
I understood that nostalgia is tied to separation, to loss, to the contrast between who you were and who you are now when you return.
But there’s another kind of return:
one that doesn’t carry a sense of loss but rather feels like the place had always been waiting for you.
That’s familiarity.
It’s what I feel when I return to Buenos Aires, Milan, and Melbourne.
There’s a kind of comfort in finding everything almost the same, even if maybe that bar closed and now there's a new place selling craft beers and vinyls.
What I feel is a sense of continuity—as if the place were a part of me, still able to surprise me, but ready to welcome me.
Familiarity, Nostalgia, or Both?
Sometimes the two feelings blend together.
There are cities, like Buenos Aires with its tango, Malbec, history, streets, theaters, lively bars, live music, tourists, and neighborhoods like San Telmo, Palermo, and Recoleta, that once seemed distant and dreamlike but now feel surprisingly familiar.
While other places, like Bali—places I thought would stay close to my heart—start to feel distant, almost unreal.
Because I’ve changed. And so have they.
I'm not just talking about overtourism, although that certainly impacts how at home you feel.
For Bali, people recommended I explore the north of the island: motorbikes, waterfalls, simple homes to stay in, and authentic encounters, away from the world of social media.
If you’ve been there, write to me!
And you?
Is there a place where you feel a deep sense of familiarity?
And one where you experienced a bittersweet, betrayed nostalgia?
As always, you can fill out my little questionnaire—or, even better, tell me your story in the comments. I'd love to hear it.
Until next Wednesday,
Ilaria
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Chat GPT translated this article
"Imparare a dire addio non solo ai posti, ma anche alle versioni di noi che abbiamo lasciato lì"
È un po' quello che provo quando torno a Bologna: ho ricordi molto belli lì ma anche un cassetto di sogni chiuso troppo presto. ❤️
Grazie per aver citato Ojalá, Ilaria, questa settimana un po' convulsa per la Spagna mi ha fatto perdere un po' di notifiche. :)
E quella dicotomia tra nostalgia e senso di familiarità dei posti che conosciamo (o conoscevamo) bene, credo sia uno degli ingredienti principali della vita emigrata: per me è un sentiero di crescita costante!