Questo è un tema che mi sta molto a cuore. E me lo chiedo da tanto, conviene organizzare tutto prima della partenza? Meglio andare alla sprovvista e parlare con i locali e altri viaggiatori appena arrivi? Oppure fare un mix: organizzare almeno le escursioni che non vuoi perdere, prenotare qualche volo interno e prenotare già un ostello o un albergo?
Ciao sono Ilaria, e questa è la mia newsletter! Sono a Milano per qualche giorno, poi mi trasferisco un paio di mesi a Udine, la mia città natale per stare con i miei genitori e fare una pausa dal viaggio. In questi giorni non ho molto tempo e ho trovato questo racconto di oltre un anno fa, che ti ripropongo.
Se vuoi sostenere il mio progetto di scrittura, puoi offrirmi un aperitivo e se vuoi dare un'occhiata al mio sito, lo trovi qui: www.ilariagianfagna.it
Io volevo scrivere la Lonely Planet, non leggerla
Nella mia carriera da viaggiatrice sono partita bene, con la Lonely Planet e tutto. Mi ricordo che da piccola volevo lavorare per la guida turistica più famosa al mondo. Da bambina, dicevo che volevo fare la scrittrice, poi ho cominciato a dire che volevo fare la scrittrice di viaggi e poi ho iniziato a scrivere e a viaggiare, entrambi per passione.
Così quando mi sono trasferita a Melbourne, dove ho frequentato un Master in Comunicazione alla Melbourne University, ho visto che c’era la possibilità di fare un breve stage alla Lonely Planet, la casa editrice ha sede proprio in Australia. Così ho preso un appuntamento con la docente che si occupava degli stage.
“Ci sono troppe domande per la Lonely Planet, non posso accontentarti”, mi risponde appena le spiego che il mio piano è frequentare per un mesetto la casa editrice, lavorando gratis, nella speranza poi di strappare un contratto. Mi sembra un piano perfetto e in Australia, i sogni si avverano. Cosa che avrei scoperto essere vera, qualche anno più tardi.
“Non sempre le cose vanno come vogliamo”, continua questa responsabile dello stage, che mi sembrava quasi contenta che non potessi realizzare il mio sogno.
Quindi io non so perché, scoppio a piangere, ma tipo a dirotto nel suo studio e lei che mi consola con i fazzoletti e io che singhiozzando le dico: “Volevo tanto fare lo stage alla Lonely Planet”.
Ho spesso pensato che ci sono dei momenti nella tua vita, in cui una piccola frase ti può far crollare il mondo e ti può far versare lacrime ataviche. Mi fa quasi ridere pensare che a volte, dal nulla abbiamo dei crolli emotivi pazzeschi.
Il mio strizza direbbe che non piangevo per la Lonely Planet. Ma quel momento rappresentava per me un trigger: piangevo perché non mi sentivo compresa. Ma questa è un’altra storia.
La logistica del viaggio
Dicevo, all’inizio della mia carriera da viaggiatrice solitaria con lo zaino in spalla, ero partita bene. Mi leggevo per benino la mia Lonely Planet, mi compravo una Moleskine dedicata solo a quel viaggio e mi annotavo itinerario, luoghi da visitare, bar da frequentare, ristoranti dove mangiare, templi, escursioni e chicche varie, trovate tramite blog e chiacchiere tra amici viaggiatori.
Poi dopo tanta diligenza, che voglio dire, avrebbero potuto prendermi davvero alla Lonely Planet, mi sono stufata. A parte che so già che qualcuno dei lettori di questa newsletter, sarà pronto a commentare: “A me piace più la Routard”. A me no, perché il francese in viaggio è ancora un personaggio che devo metabolizzare e comprendere, mentre l’australiano è nato per viaggiare. Anche se poi una volta ho conosciuto un bel francese in Patagonia, che viaggiava da solo per capirci qualcosa e non aveva capito niente e che voleva scendere dall’aereo per fare un pezzo di viaggio con me. Tipo quando Rachel di Friends, nell’ultima puntata, scende dall’aereo per dire a Ross che lo ama. Ma io gli ho detto di no al francese quando mi ha chiamato dagli imbarchi.
Ho cominciato a comprare il biglietto aereo e qualche notte in ostello. Per poi accorgermi di un fenomeno che colpisce chi parte per un viaggio lungo, senza biglietto di ritorno. Questi viaggiatori, durante il viaggio, passano la maggior parte del tempo a organizzare il viaggio e a parlare del viaggio. È tutto un programmare, prenotare, leggere blog, guide, cambiare voli, autobus, parlare con altri viaggiatori, controllare meteo e tour disponibili, guardare il calendario. Insomma è un’ossessione. È come un viaggio all’interno del viaggio. Che poi voglio dire, uno già stava facendo un viaggio interiore, quanti viaggi deve fare ancora?
Ora se il viaggio è tutto programmato dall’Italia, questo problema non esiste. Ma non esiste neanche il senso della libertà. Almeno per me. Io non programmo mai niente, nemmeno per viaggi brevi. Prendo solo il biglietto di andata e una o due notti in ostello. Se ho una scadenza, prendo direttamente anche quello di ritorno che mi conviene.
Il viaggio è fatto di scelte
Se c’è però un’esperienza o un’attività che voglio fare, la prenoto, sia chiaro. Anche perché post pandemia è tutta una prenotazione. Comunque questa cosa della logistica è super stressante. Il motivo è che ci sono troppe opzioni. E mentre le esplori, ti sembrano tutte di importanza vitale.
Puoi decidere di andare in Bolivia, passando per il deserto, ma poi dormi a Uyuni o a Sucre? E prendi il bus notturno delle 22 o meglio viaggiare di giorno? E prenoti quell’ostello con la piscina un po’ più caro, oppure quello in centro città in una casa antica con il patio interno? E se prenotassi una stanza singola per una notte? Così ti riposi un po’? E se prendi la camerata, scegli quella da quattro o da sei letti? E il letto sopra o il letto sotto? E se parti il 15 marzo o il 17 e magari ti fermi pure una notte a La Paz? Ah ma non c’è la coincidenza poi per Puno. Ok, ricominciamo la logistica da capo. Meglio un volo allora. Ma da che aeroporto? E poi meglio prendere il volo delle 11.40 che costa 10 euro in più piuttosto che quello delle 8.30 che devi svegliarti all’alba? Poi meglio fermarsi una notte in più o proseguire? In tutto questo io devo anche programmare le giornate in cui lavoro e faccio le call.
E poi c’è un po’ la paura di perdersi qualcosa, la famosa FOMO (Fear of Missing Out). Che poi fare un viaggio lungo e soffrire di FOMO non si conciliano. Motivo numero uno, dopo pochi giorni, sei stremato. Motivo numero due, se il viaggio lento, lo fai veloce e pieno di cose, non hai capito un cazzo.
La cosa che mi diverte di più è che assisto a scene quotidiane di logistica. E mi consola, perché non sono l’unica. Vedo due ragazze che viaggiano insieme, al computer tra Google Maps, Skyscanner e Rome2Rio. Quest’ultimo è un sito fighissimo che ti permette di calcolare qualsiasi itinerario nel mondo. Da A a B. E tu dirai c’è Google Maps. Ma Rome2Rio arriva dove Maps non arriva, soprattutto per il trasporto pubblico, con tanto di prezzi e compagnie che offrono il servizio.
Poi a volte sono io che creo situazioni di logistica, mi giro e chiedo: “Ma tu come sei andato là?” “Ti è piaciuto?” “Come hai fatto?” Tanto siamo tutti lì che calcoliamo le stesse cose e ci diamo consigli a vicenda.
Il Corriere della Sera dice che ogni giorno prendiamo 35 mila decisioni. Ecco in viaggio ne prendiamo 70 mila almeno. Quindi ho capito che: non importa quale decisione tu prenda, andrà sempre bene. Voglio dire sei in viaggio, male che vada vedrai un posto nuovo. Non importa quale ostello o autobus tu prenoti. Ci sarà sempre un modo per spostarsi, un letto in cui dormire e un’empanada da mangiare.
Ho anche capito che i biglietti non modificabili si possono buttare, che gli ostelli si possono cancellare, che ogni tanto, se hai sbagliato, puoi sprecare 10 euro in nome della libertà, che puoi scendere ad una fermata che non è la tua, che puoi bere un’altra birra anche se è tardi, che puoi salire su un tuk tuk all’improvviso, che puoi semplicemente cambiare programma. Perché la coerenza è sopravvalutata.
Questa settimana ti consiglio la newsletter di
si chiama e come dice l’autrice stessa, parla di come usare le parole per rendere più chiaro il mondo che ci circonda, sullo schermo o altrove.Leggi il racconto precedente…
A mercoledì,
Ilaria
Sei in partenza? Fatti un’assicurazione di viaggio! Io ti consiglio Heymondo. Copre le spese sanitarie e ti rimborsa se non puoi viaggiare e copre anche il furto del telefono o del computer.
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Se vuoi, puoi fare un sacco di cose belle. E non solo qui, anche nella vita. Puoi:
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Are you an organized or spontaneous traveler?
This is a topic that is very close to my heart. I've been wondering about it for a long time: is it better to organize everything before departure? Should you go unplanned and talk to locals and other travelers as soon as you arrive? Or is it better to find a balance: organize at least the excursions you don't want to miss, book some internal flights, and reserve a hostel or hotel in advance?
Hi, I'm Ilaria, and this is my newsletter! I'm in Milan for a few days, then I'm moving to Udine, my hometown, for a couple of months to stay with my parents and take a break from traveling. I don't have much time these days, and I found this story from over a year ago that I wanted to share with you. If you'd like to support my writing project, you can buy me a drink.
I wanted to write the Lonely Planet, not just read it
In my career as a traveler, I started off well, with the Lonely Planet and everything. I remember as a child wanting to work for the world's most famous travel guide. When I was young, I used to say I wanted to be a writer; then I started saying I wanted to be a travel writer, and eventually I began writing and traveling, both out of passion.
So when I moved to Melbourne to attend a Master's in Communication at Melbourne University, I saw an opportunity to do a short internship at Lonely Planet, as the publishing house is based in Australia. So, I made an appointment with the internship coordinator.
"There are too many applicants for Lonely Planet; I can't accommodate you," she replied as soon as I explained my plan to spend a month at the publishing house, working for free, in hopes of securing a contract later on. It seemed like a perfect plan, and in Australia, dreams do come true—or so I thought, as I would later discover.
"Things don't always go as we want," continued the internship coordinator, who seemed almost pleased that I couldn't fulfill my dream.
So, I don't know why, but I burst into tears—like uncontrollable sobbing—in her office, and she consoled me with tissues as I tearfully said, "I really wanted to do the internship at Lonely Planet."
I've often thought that there are moments in your life when a simple phrase can shake your world and bring forth ancestral tears. It almost makes me laugh to think that sometimes we have these crazy emotional breakdowns out of nowhere.
My gut feeling would say that I wasn't crying because of Lonely Planet. That moment was a trigger for me: I was crying because I didn't feel understood. But that's another story.
The logistics of travel
As I was saying, in my early days as a solo traveler with a backpack, I started off well, reading my Lonely Planet diligently. I'd get myself a Moleskine dedicated solely to that trip and jot down the itinerary, places to visit, bars to hang out in, restaurants to eat at, temples, excursions, and various gems I found through blogs and conversations with fellow travelers.
But after all that diligence—let's face it, I could have been recruited by Lonely Planet—I got tired of it. Besides, I know that some of the readers of this newsletter will be quick to comment: "I prefer Routard." Not me, though, because French on a trip is still a character I'm trying to understand, whereas Australians are born to travel. Although once I met a handsome Frenchman in Patagonia, traveling alone to figure things out, and he hadn't figured out a thing and wanted to join me on a leg of my journey. Like when Rachel from Friends gets off the plane in the final episode to tell Ross she loves him. But I said no to the Frenchman when he called me from the boarding gate.
I started buying my plane tickets and a few nights in hostels. Then I realized something that affects those embarking on a long journey without a return ticket. These travelers spend most of their time during the journey organizing and talking about the journey. It's all about planning, booking, reading blogs, guides, changing flights, buses, talking to other travelers, checking the weather and available tours, and looking at the calendar. It's an obsession. It's like a journey within the journey. I mean, if you're already on an inner journey, how many more journeys do you need?
Now, if the trip is all planned from Italy, this problem doesn't exist. But neither does the sense of freedom. At least for me. I never plan anything, not even for short trips. I just get a one-way ticket and book one or two nights in a hostel. If I have a deadline, I'll book the return too if it's convenient.
Travel is about choices
But if there's an experience or activity I want to do, I'll book it, make no mistake. Especially now post-pandemic, it's all about reservations. However, this logistics thing is super stressful. The reason is that there are too many options. And while you explore them, they all seem vitally important.
You could decide to go to Bolivia, passing through the desert, but then do you stay in Uyuni or Sucre? Do you take the 10 PM overnight bus or is traveling during the day better? Do you book that slightly more expensive hostel with a pool, or the one in the city center in an old house with an inner courtyard? Should you book a single room for a night to get some rest? Do you choose the four-bed or six-bed dorm? Upper bunk or lower bunk? Do you leave on March 15th or 17th and maybe stay a night in La Paz? Oh, but then there's no connection to Puno. Okay, let's restart the logistics from scratch. Maybe a flight is better. But from which airport? And then, is the 11:40 flight for €10 more worth it than the 8:30 AM flight where you have to wake up at dawn? Is it better to stay an extra night or move on? And in all this, I have to schedule the days I work and have calls.
And then there's a bit of fear of missing out, the famous FOMO (Fear of Missing Out). But suffering from FOMO on a long trip doesn't mix. Reason number one, after a few days, you're exhausted. Reason number two, if you rush through a slow journey, you've missed the point.
What amuses me the most is witnessing daily scenes of logistics. And it comforts me because I'm not the only one. I see two girls traveling together, on their computers with Google Maps, Skyscanner, and Rome2Rio. The latter is a really cool site that allows you to calculate any itinerary in the world. From A to B. And you might say, we have Google Maps. But Rome2Rio goes where Maps doesn't, especially for public transportation, with prices and companies offering the service.
Sometimes it's me creating logistical situations, turning around and asking, "How did you get there?" "Did you like it?" "How did you manage?" Because we're all calculating the same things and giving each other advice.
Corriere della Sera (an Italian newspaper) says we make 35,000 decisions every day. Well, when traveling, it's at least 70,000. So, I've realized that no matter which decision you make, it will be okay. I mean, you're traveling—worst-case scenario, you'll see a new place. It doesn't matter which hostel or bus you book. There will always be a way to move around, a bed to sleep in, and an empanada to eat.
I've also learned that non-refundable tickets can be thrown away, hostels can be canceled, that sometimes, if you've made a mistake, you can waste €10 in the name of freedom, that you can get off at a stop that's not yours, that you can have another beer even if it's late, that you can suddenly hop on a tuk-tuk, that you can simply change plans. Because consistency is overrated.
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
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Assolutamente improvviso! Sennò che gusto c’è? Se prenoti tutti prima non conosci consoli a Gyumri che ti aiutano a passare le frontiere o camionisti che ti salvano la vita e ti portano dove ti devono portare (con la pancia piena). Se organizzi tutto quella persona lì magari non la incontrerai mai e non ti capiterà mai di celebrare cose a caso con i locals. Alla fine, la parte più bella del viaggio è trovare l’inaspettato, non per forza mettere il ✅ a tutti i monumenti 😊
Io ho la mia teoria : se lavori e hai due settimane di ferie, per riposare mentalmente , preferisco programmare. Avere gia’ un’ itinerario più o meno prefissato, aver letto del posto e deciso cosa si vuol fare/ vedere, aver pescato qualche indirizzo da amici, mi permette di “ rilassarmi “ e godere di quelle settimane di stacco. Se invece ho più tempo, tipo adesso, allora ad cazzum funziona benissimo 😁