È proprio vero, in aeroporto non ci sono regole: puoi bere una birra all’alba, mangiare un paio di nigiri alle 9 del mattino e poi distenderti sulle scomodissime poltrone, come una scappata di casa. Puoi viaggiare in pigiama, oppure con una bella camicia, se speri in un upgrade in business, puoi entrare tranquillamente da Gucci e puoi dare un’occhiata ai Rolex, tanto non comprerai mai niente. Ma spenderai 15 euro per una colazione e almeno 40 euro per una cena. Anche se servono il pasto in aereo. Ma, vuoi mettere una bollicina e un po’ di formaggio prima di partire? O una birra e un panino, prima di mangiare quel riso al vapore appiccicaticcio, i crackers con il formaggino e le verdure?
Ciao sono Ilaria, e questa è la mia newsletter! Sono appena tornata in Italia per una pausa dal viaggio, d’altronde ho deciso che il viaggio ideale dura tre mesi. E sono già passati tre mesi, tra ozio, motorini, birrette, rovine Maya e tacos in Messico e cultura, vino, caffè, musei, teatri a Buenos Aires. Come sempre grazie per leggere i miei racconti di viaggio!
Se vuoi sostenere il mio progetto di scrittura, puoi offrirmi un aperitivo e se vuoi dare un'occhiata al mio sito, lo trovi qui: www.ilariagianfagna.it
L’aeroporto dà quel senso di eccitazione, misto ad ansia. Quel brivido di non riuscire a salire sull’aereo, ma anche quella speranza di non farcela. Magari se arrivi troppo tardi al check in, hanno venduto il tuo posto e ti mettono in business, oppure ti offrono un hotel a 4 stelle per viaggiare il giorno dopo.
Mi ricordo che una volta, quando ero fidanzata, cancellarono il mio volo e mi chiesero se volevo un taxi per tornare a casa (dal mio compagno) o un soggiorno in un hotel vicino all’aeroporto. Ho scelto la seconda, per godermi il lusso di una bella camera d’albergo gratis!
Ho notato una cosa, non importa quanto prima arrivi in aeroporto, sarai sempre un po’ in ritardo, di fretta, ci sarà sempre un contrattempo, un modulo non compilato, uno davanti a te che sta discutendo con la hostess, una fila pazzesca all’immigrazione.
Quante volte ho sognato di fare il check-in, fare i controlli e poi sedermi in pace per qualche ora a scrivere, a bere un bicchiere di vino, ad annoiarmi con il telefono, ad attaccare bottone con qualche viaggiatore solitario.
Invece no, non importa quanto io sia organizzata, arrivo sempre troppo tardi e mi ritrovo sempre a correre trafelata, con il cuore in gola.
Sogno di viaggiare ed essere carina
Altra cosa che ho notato, non importa se mi vesto carina o sportiva, avrò sempre quell’aria sfatta e quell’aspetto trasandato. Mentre ci sono delle ragazze che in aeroporto e anche in aereo sono carine, vestite bene, truccate con i capelli perfetti. Hanno anche i vestiti stirati. Voglio dire anche io li ho indossati stirati, ma in aeroporto smettono di essere stirati. Io non ci riuscirò mai. Sarò sempre la scappata di casa. E giuro che ho provato di tutto: sporty traveler con la tuta, business traveler con la camicia, smart traveler con il vestito finto scazzato.
Visto che nessuno di questi outfit mi fa sentire una viaggiatrice ordinata e carina, ora opto sempre per la normal dark traveler: jeans nero e felpa nera. Poi se ogni volta che parto mi metto addosso cento strati, per risparmiare e portarmi più vestiti, è anora più difficile sembrare carina. Poi vedo dei Reel tipo: “10 cose che porto in Nicaragua” oppure “Ecco come preparare lo zaino” oppure ancora: "Solo andata con il bagaglio a mano”. Sinceramente, ma come fanno? Io sono lì sudata, che mi trascino a fatica il minimo indispensabile. E loro splendidi con il loro zainetto.
Zaini troppo pesanti
Ci sono delle persone che viaggiano con delle borse o delle valigie semi-vuote, cioè volendo ci starebbe ancora qualcosa. Io sono lì sempre a lottare con le zip, ad aprire le valigie per terra in mezzo all’aeroporto, a togliere, a spostare, a mettermi un’altra felpa in vita, a regalare libri in italiano a sconosciuti, a indossare una giacca invernale, d’estate e ad acquistare un nuovo borsone. Quando sono andata in Australia con Air China, potevo portare due valigie da 23 chili, io ne ho portata una da 30. Ho provato a convincerli che era la stessa cosa, anzi secondo me era pure meglio e ho provato a mettermi 7 chili addosso, ma non ce l’ho fatta, ne avanzavano sempre due, qualunque cosa spostassi. Esasperata ho comprato un borsone orrendo.
Non so quante volte nella mia vita ho supplicato le hostess di chiudere un occhio e quante volte invece le hostess mi hanno guardato soddisfatte per un bagaglio così piccolo. Una volta, dovevo andare in Myanmar, zaino in spalla. Peccato che lo zaino me lo avevano rubato dalla cantina e me n’ero accorta solo 4 ore prima del volo. Così ho preso la borsa della palestra, ci ho messo pantaloncini, magliette, costume e una felpa e un piccolo beauty. Peso totale: 5 chili. Risultato? Non mi volevano far partire, perché il bagaglio era troppo piccolo e non era possibile, secondo loro, che stessi in Myanmar due settimane con solo 5 chili di vestiti. Beh insomma, non va mai bene niente.
Tante voli, tante storie
Dicono che l’aeroporto sia un non luogo, un po’ è vero. Un non luogo, senza tempo. Però questa definizione, lo rende un luogo sterile. Mentre a me l’aeroporto diverte, mi sembra siano tutti di buon umore. Certo non proprio tutti, c’è chi corre, chi già si pente del viaggio con due bambini piccoli, chi è triste, chi piange, chi parte perché è stato lasciato, chi raggiunge il suo amore a Parigi, chi va in vacanza alle Maldive, chi parte per un anno sabbatico in Sud America, chi per un biglietto di sola andata per il Sud Est Asiatico, chi è emozionato per il nuovo lavoro che l’aspetta a Londra, chi sta per salire sul primo volo, chi ha paura di volare, chi si sta trasferendo in Australia, chi va a trovare sua sorella a Singapore, chi va dall’amante a Madrid, chi fa visita al figlio che vive a New York. E chi come me, parte sempre emozionata e totalmente ignara di quello che mi aspetta.
Ogni volta quando atterro mi sento spaesata e spossata. Del tipo: “E adesso dove vado?” Cioè, esattamente come ci sono finita all’aeroporto El Dorado di Bogotà? E non dico solo geograficamente. So che devo raggiungere l’ostello che ho prenotato, ma non so come e devo risolvere la questione contanti e sim telefonica (che all’aeroporto costa sempre di più, ma non necessariamente). Sono stanca, voglio farmi una doccia e invece non è finita qui, l’arrivo è solo l’inizio di: controllo passaporti, ritiro valigie (quando arrivano), ricerca di un mezzo di trasporto, check in ostello e finalmente doccia.
I miei viaggi della speranza
Una volta in Thailandia, il mio zaino non è arrivato. Che poi è così assurdo che tu sei l’ultima persona rimasta e vedi girare il carrello delle valigie vuoto, ti guardi intorno sconsolata. Speri che ci sia un bonazzo pronto a dirti: “Nemmeno la mia valigia è arrivata, andiamo via da qui in taxi e ricompriamo tutto”. Invece sei da sola, a malapena parlano inglese e tu sei in Thailandia, senza nemmeno una mutanda.
Arrivo in ostello con il mio zainetto e subito faccio una chiamata. “Sì mamma, sì, mi hanno detto che mi mandano lo zaino in ostello, sì, certo, quando lo trovano. Certo, adesso vado a mangiare”. Una ragazza, italiana, anche lei in ostello, ascolta la telefonata e mi offre una t-shirt bianca e la famosa mutanda pulita (me ne ha data una nuova, con tanto di etichetta, tra l’altro se non ricordo male era pure di Victoria Secrets, perché lei era un’italiana che viveva in Irlanda. Se fosse stata un’italiana che viveva in Italia, la mutanda sarebbe stata di Intimissimi). Per ringraziarla, le offro la cena e passiamo una serata divertentissima, per le strade di Krabi.
Oppure quella volta che ero nelle Filippine, a Cebu Island, che bel posto. Da Cebu dovevo prendere un aereo per andare a Manila e da Manila a Bali. Ma mentre sto per salire sull’aereo, l’annuncio dice che a causa dell’esplosione di un vulcano, non possiamo decollare. Così mi ritrovo ad essere la protagonista del sequel di “The Terminal” e trascorro 12 ore in aeroporto, con una nuova amica argentina e un irlandese. L’argentina la guardavo e l’ascoltavo come se fosse di un altro pianeta, con ammirazione. Allora non sapevo che avrei trascorso un anno in Sud America, di cui qualche mese in Argentina e che avrei imparato bene lo spagnolo. Ma questa è un’altra storia.
Decidiamo di andare al duty-free a comprare una bottiglia di vino, rubiamo tre bicchieri di carta al McDonald’s e supplichiamo un barista di aprirci la bottiglia. Che a ripensarci, non potevamo semplicemente andare al bar? E invece no, volevamo stare nell’unica terrazza dell’aeroporto, all’aria aperta a raccontarci la storia della nostra vita per una nottata intera. Fino a quando non ci hanno imbarcati per Taiwan, unica destinazione possibile per uscire dall’isola. Boh.
Poi ci sono tante altre storie, tantissime. Notti passate in alberghi per voli cancellati, voli ricomprati, voli persi per un gin tonic, chiacchiere al bancone con sconosciuti nella stessa cattiva sorte del volo in ritardo, ex incontrati per caso al gate, valigie smarrite già l’abbiamo detto e anche valigie acquistate lo abbiamo detto, vulcani esplosi, guasti al motore, signore che pregano al mio fianco durante la turbolenza, pianti, risate, stanchezza, nervosismo. E spesso queste disavventure mi hanno portato a scoprire nuovi luoghi, come Abu Dhabi, Hong Kong, Doha, dove forse non mi sarei mai fermata intenzionalmente se il volo non fosse stato cancellato.
Eppure continuo a viaggiare, continuo a salire sui voli sbagliati, continuo a modificare voli e a buttare biglietti, continuo ad immaginarmi la vita delle persone che incrocio in aeroporto, vedo quegli abbracci agli arrivi, quei pianti alle partenze e mi faccio tutto un film mentale sul lasciare andare. Che viaggiare è anche saper salutare.
Questa settimana ti consiglio la newsletter di
si chiama e mi piace perché parla del lato umano della tecnologia.Leggi il racconto precedente…
A mercoledì,
Ilaria
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Airport Life
🇦🇺 It's true, there are no rules at the airport: you can have a beer at dawn, eat a couple of nigiri at 9 in the morning, and then stretch out on the uncomfortable chairs, like a runaway from home. You can travel in pijamas or with a nice shirt, hoping for a business class upgrade, you can easily stroll into Gucci and browse the Rolexes, knowing you'll never buy anything. But you'll spend 15 euros for breakfast and at least 40 euros for dinner. Even if they serve a meal on the plane. But, can anything beat a glass of bubbly and some cheese before takeoff? Or a beer and a sandwich before eating that sticky steamed rice, crackers with cheese and vegetables?
Hi, I'm Ilaria, and this is my newsletter! I've just returned to Italy for a break from traveling; after all, I've decided that the ideal trip lasts three months. And three months have already passed, between laziness, scooters, beers, Mayan ruins, and tacos in Mexico, and culture, wine, coffee, museums, and theaters in Buenos Aires. As always, thank you for reading my travel stories!
If you want to support my writing project, you can buy me a drink, and if you want to check out my website, you can find it here: www.ilariagianfagna.it
The airport evokes a sense of excitement mixed with anxiety. That thrill of not being able to board the plane, but also that hope of making it. Maybe if you arrive too late for check-in, they've sold your seat and upgrade you to business class, or they offer you a stay in a 4-star hotel to travel the next day.
I remember once, when I was in a relationship, they canceled my flight and asked me if I wanted a taxi to go back home (to my partner) or a stay in a hotel near the airport. I chose the latter, to enjoy the luxury of a nice hotel room for free!
I've noticed one thing, no matter how early I arrive at the airport, I'm always a little late, in a hurry. There's always a setback, an incomplete form, someone in front of me arguing with the flight attendant, a crazy line at immigration.
How many times have I dreamed of checking in, going through security, and then sitting peacefully for a few hours to write, have a glass of wine, get bored with my phone, strike up a conversation with a fellow solo traveler.
But no, no matter how organized I am, I always end up running late, with my heart in my mouth.
I dream about travelling and being pretty at the same time!
Another thing I've noticed, it doesn't matter if I dress nicely or casually, I always have that disheveled look. While there are girls who look cute and well-dressed at the airport and even on the plane. They even have ironed clothes. I mean, I used to wear ironed clothes too, but now I look like a mess. I'll never manage it. I'll always be the runaway from home. And I swear I've tried everything: sporty traveler with a tracksuit, business traveler with a shirt, smart traveler with a slightly worn dress.
Since none of these outfits make me feel like a neat and cute traveler, I now always opt for the "normal dark traveler": black jeans and a black hoodie. Then if every time I travel I put on a hundred layers to save space and bring more clothes, it's hard to look cute. How do those people who make Reels do it: "10 things I bring to Nicaragua" or "Here's how to pack your backpack." Seriously, how do they do it? I'm there sweating, struggling with the bare essentials. And they're there, splendid with their little backpacks.
Too heavy backpacks
There are people who travel with half-empty bags or suitcases, I mean, there could still fit something else in there. I'm always there fighting with zippers, opening my suitcase on the floor in the middle of the airport, taking things out, moving them around, tying another hoodie around my waist, giving Italian books to strangers, wearing a winter jacket in the summer, and buying a new duffel bag. When I went to Australia with Air China, I could bring two 23-kilo suitcases, I brought one 30-kilo suitcase. I tried to convince them it was the same thing and I tried to put on 5 kilos myself, but I couldn't do it, and frustrated I bought a horrible duffel bag.
I don't know how many times in my life I've begged flight attendants to turn a blind eye, and how many times instead flight attendants have looked satisfied for such a small suitcase. Once, I had to go to Myanmar, backpack on my back. Too bad my backpack was stolen from the cellar and I only noticed 4 hours before the flight. So I took my gym bag, put in shorts, t-shirts, swimsuit, a hoodie, and a small toiletry bag. Total weight: 5 kilos. Result? They didn't want to let me go because the bag was too small and it was not possible, according to them, that I could stay in Myanmar for two weeks with only 5 kilos of clothes. They weren't entirely wrong.
Many stories
They say the airport is a non-place, it's kind of true. A non-place, timeless. But this definition makes it seem like a sterile place. While to me, the airport is fun, everyone seems to be in a good mood. Well, not everyone, of course, there are those who run, those who already regret the journey with two small children, those who are sad, those who cry, those who leave because they've been left, those who join their love in Paris, those who go on vacation to the Maldives, those who leave for a sabbatical year in South America, those who buy a one-way ticket to Southeast Asia, those who are excited for the new job waiting for them in London, those about to board their first flight, those who are afraid of flying, those who are moving to Australia, those who are visiting their sister in Singapore, those who are going to see their lover in Madrid, those who are visiting their son who lives in New York. And those like me, who always leave excited and totally unaware of what awaits me.
Every time I land, I feel disoriented and exhausted. Like: "And now where do I go?" I know I have to reach the hostel I booked, but I don't know how, and I have to solve the cash and SIM card issue (which always costs more at the airport, but not necessarily). I'm tired, I want to take a shower and instead it's not over yet, arrival is just the beginning of: passport control, luggage retrieval (when they arrive), finding transportation, hostel check-in, and finally a shower.
My hopeful travels
Once in Thailand, my backpack didn't arrive. It's so absurd that you're the last one and you see the empty luggage cart going around, you look around despondently. You hope there's a handsome guy ready to tell you: "My luggage didn't arrive either, let's get out of here by taxi and buy everything again." Instead, you're alone, barely anyone speaks English, and you're in Thailand, without even a pair of underwear.
I arrive at the hostel with my backpack and immediately make a call. "Yes mom, yes, they told me they'll send my backpack to the hostel, yes, of course, when they find it. Sure, now I'm going to eat." A girl, Italian, also in the hostel, listens to the phone call and offers me a white t-shirt and the famous clean underwear (she gave me a new one, with a label, by the way, if I remember correctly it was even from Victoria's Secret, because she was an Italian living in Ireland. If she had lived in Italy, she would have given me Intimissimi underwear). To thank her, I offer her dinner, and we spend a fun evening, wandering the streets of Krabi.
Or that time I was in the Philippines, on Cebu Island, such a beautiful place. From Cebu, I had to take a plane to go to Manila and from Manila to Bali. But as I'm about to board the plane, the announcement says that due to a volcano eruption, we can't take off. So I find myself being the protagonist of the sequel to "The Terminal" and spend 12 hours at the airport, with a new Argentine friend and an Irish guy. I watched and listened to the Argentine girl as if she were from another planet, with admiration. At that time, I didn't know I would spend a year in South America, including a few months in Argentina, and that I would learn Spanish well. But that’s another story.
We decide to go to duty-free to buy a bottle of wine, steal three paper cups from McDonald's, and beg a bartender to open the bottle for us. Thinking back, couldn't we just go to the bar? Instead, no, we wanted to be on the only terrace at the airport, outdoors, telling each other the story of our lives for a whole night. Until they boarded us for Taiwan, the only possible destination to leave the island. Boh.
Then there are many other stories, so many. Nights spent in hotels for canceled flights, flights repurchased, flights missed because of a gin and tonic, chats at the counter with strangers in the same bad luck of the delayed flight, exes met by chance at the gate, lost luggage we've already mentioned, and also purchased luggage we've already mentioned, volcanoes erupted, engine failures, ladies praying next to me during turbulence, crying, laughter, fatigue, nervousness. And often these misadventures have led me to discover new places, like Abu Dhabi, Hong Kong, Doha, where maybe I wouldn't have intentionally stopped if the flight hadn't been canceled.
Yet I continue to travel, continue to board the wrong flights, continue to modify flights and throw away tickets, continue to imagine the lives of the people I meet at the airport, see those hugs at arrivals, those tears at departures and make a whole mental movie about letting go. Because traveling is also knowing how to say goodbye.
See you next Wednesday,
Ilaria
If you want, you can do a lot of beautiful things. And not just here, but also in life.
You can:
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"Non mi volevano far partire, perché il bagaglio era troppo piccolo" non ci credooo 😂😂 io sono fra quelli che hanno sempre e solo uno zainetto a mano (8kg) spero non mi facciano mai problemi haha
Mi piacciono un sacco i tuoi racconti perché mi ci ritrovo sempre. Io quando viaggio sembro sempre una tossica. Sempre sfatta. Mi lavo e mi sistemo prima di partire e arrivo che faccio già schifo. E guardo tutte quelle belle ragazze in tiro e mi chiedo come facciano. 🤷 comunque ho riso un sacco per la questione del Myanmar. Non va mai bene niente, vero.